Egli strinse la moneta nella mano, fece una decina di passi e si volse con la faccia verso la Neva, in direzione del castello. In cielo non c’era neanche una nuvoletta, l’acqua era quasi azzurra, cosa che nella Neva capita di rado. La cupola della cattedrale, che da nessun posto si vede così bene come da lì, sul ponte, a una ventina di passi dalla cappella, splendeva tutta, e attraverso l’aria limpida si distingueva nettamente ogni suo minimo dettaglio. Il bruciore della frustata s’era calmato e Raskòlnikov non pensava più al colpo ricevuto; un pensiero inquietante e non del tutto limpido lo assorbiva adesso per intero. Indugiò a lungo guardando lontano; quel posto gli era particolarmente familiare. Quando frequentava l’università, gli capitava – perlopiù mentre stava rincasando -, e forse gli era capitato un centinaio di volte, di fermarsi proprio in quel posto, e di contemplare quella veduta stupenda, e ogni volta gli era capitato anche di essere sorpreso da un’impressione vaga e insondabile. Quella magnifica veduta suscitava sempre in lui un senso di inesplicabile freddezza; in quella veduta stupenda egli avvertiva la presenza di uno spirito muto e sordo…Ogni volta si meravigliava di quell’impressione cupa e arcana, e ogni volta rimandava al futuro la soluzione dell’enigma, non avendo fiducia in sè stesso. In quel momento, ricordando di colpo le sue domande e perplessità di un tempo, gli parve di non essersene rammentato per puro caso. Gli sembrò un fatto singolare e sbalorditivo già l’essersi fermato proprio in quel posto, come in passato, quasi avesse potuto immaginare che le cose, ora, gli sarebbero apparse nello stesso modo di prima, e che si sarebbe interessato agli stessi argomenti e alle stesse visioni di cui s’era interessato… ancora così di recente. Gli venne quasi da ridere, e insieme si sentì stringere il petto fino al dolore… Come in una specie di profondità, appena visibile a picco sotto di lui, gli apparvero tutto quel passato e tutti i pensieri d’un tempo, i problemi, gli argomenti e le impressioni d’un tempo, e quella veduta, e sè stesso, e tutto, tutto… Gli sembrava di volare da qualche parte molto in alto, e tutto si dileguava ai suoi occhi… Un involontario movimento della mano gli fece sentire, a un tratto, nel pugno chiuso, la moneta da venti coperche. Disserrò la mano, guardò fisso la monetina, prese lo slancio e la gettò nell’acqua; poi si voltò e andò a casa. Gli parve in quell’istante di essersi tagliato via con le sue stesse mani, con un colpo di forbici, da tutto e da tutti.
F.M. Dostoevskij – Delitto e castigo – pag. 140.
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