Archivio dell'autore: Ró La Ró

Informazioni su Ró La Ró

Acchiappo i pensieri più intimi e li trasformo in pane per le menti. Credo che giocare con i pensieri, faccia bene alla salute, rende più giovani e interessanti, anche se tenersi tutto dentro è divertente, perché, può condurre alla: Follia. Follia ! .. ---....---.. È solo la Mia Follia ! ...---....---....---...----...----...--- NON È : la Follia È Follia ...---- ....----...----... È La Mia Follia ..---...---...--- Rò La Rò ScatenoLaMente Zecca Roberta, nata nel 1984, originaria di un piccolo paesino del Salento, nonostante il percorso rigido e formale quale Giurisprudenza ed Economia, ha sempre accolto l’Arte nella sua vita perché da lei stessa ritenuta l’unica fonte in grado di mantenerla in vita. La passione per la scrittura l’accompagna sin dalla nascita, scrittura che muta continuamente perché “l’instabilità” nell'accezione complessa e positiva che Roberta da al termine, è l’arma migliore per conoscere e conoscersi al meglio. Tutti i suoi scritti, poesie, monologhi, racconti brevi, sono caratterizzati da alcuni elementi imprescindibili, dal continuo movimento delle parole sul foglio, dalla loro musicalità e da un linguaggio contemporaneo, semplice ed immediato, di facile fruizione per diverse categorie di lettori. Altre caratteristiche importanti sono la mancanza di punteggiatura che rispecchia un flusso di coscienza e la spesso presente rappresentazione grafica del significato delle parole. Elementi, tutti,che nascono spontanei perché insiti nell'animo di chi scrive. Solo leggendo e conoscendola si può capire la finissima ragnatela che stranamente non intrappola ma libera il significato delle sue parole. info: roberta.zecca@hotmail.com Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 2.5 Italia. I testi e i contenuti di pagine e post, sono di proprietà intellettuale dell'autore e dunque coperte dalle vigenti norme sul diritto d'autore. Qualsiasi utilizzo non autorizzato sarà perseguito secondo i termini di legge. E' prevista la Licenza CC (di cui sopra) Il presente blog non costituisce Testata giornalistica. Alcuni video e immagini sono presi dal web in qualsiasi momento può esserne richiesta rimozione. Grazie !!!

NICCOLO’ AMMANITI

..”Ecco la cosa che odiavo di più. Ballare. Ma quella sera invece ho ballato e mentre ballavo una sensazione nuova, di essere vivo, mi toglieva il fiato. Tra poche ore sarei uscito da quella cantina. E sarebbe stato di nuovo tutto uguale. Eppure sapevo che oltre quella porta c’era il mondo che mi aspettava e io potevo parlare con gli altri come fossi uno di loro. Decidere di fare le cose e farle. Potevo partire. Potevo andare in collegio. Potevo cambiare i mobili della mia stanza”..

– dal libro “Io e te” di Niccolò Ammaniti –

………………..

..”Era finita. Basta. A me questa fine sembrava buona. E poi, io odiavo le fini. Nelle fini le cose si devono sempre, nel bene e nel male, mettere a posto. A me piaceva raccontare gli scontri tra alieni e terrestri senza una ragione, di viaggi spaziali alla ricerca del nulla. E mi piacevano gli animali selvatici che vivevano senza un perché, senza sapere di morire. Mi faceva impazzire, quando vedevo un film, che papà e mamma stessero sempre a discutere sulla fine, come se la storia fosse tutta lì e il resto non contasse nulla.
E allora, nella vita vera, anche lì, solo la fine è importante? La vita di nonna Laura non contava nulla e solo la sua morte in quella brutta clinica era importante?”..

– dal libro “Io e te” di Niccolò Ammaniti –

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..”Il problema è che la gente comune è meschina e insensibile.
E la morale è una produzione popolare”..

– dal libro “Branchie” di Niccolò Ammaniti –

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..”Da bambino sognavo spesso i mostri… e riuscivo a fregarli, ma anche ora da grande qualche volta mi capita di sognarli… ma non riesco piu a fregarli”..

– dal libro “Io non ho paura” di Niccolò Ammaniti –

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PABLO NERUDA

Mi piaci silenziosa, perché sei come assente

mi senti da lontano e la mia voce non ti tocca.
Par quasi che i tuoi occhi siano volati via
ed è come se un bacio ti chiudesse la bocca.

Tutte le cose sono colme della mia anima
e tu da loro emergi, colma d’anima mia.
Farfalla di sogno, assomigli alla mia anima
ed assomigli alla parola malinconia.

Mi piaci silenziosa, quando sembri distante.
E sembri lamentarti, tubante farfalla.
E mi senti da lontano e la mia voce non ti arriva:
lascia che il tuo silenzio sia il mio silenzio stesso.

Lascia che il tuo silenzio sia anche il mio parlarti,
lucido come fiamma, semplice come anello.
Tu sei come la notte, taciturna e stellata.
Di stella è il tuo silenzio, così lontano e semplice.

Mi piaci silenziosa perché sei come assente.
Distante e dolorosa come se fossi morta.
Basta allora un sorriso, una parola basta.
E sono lieto, lieto che questo non sia vero.

……………………….

RITUALE DELLE MIE GAMBE

“…La gente percorre il mondo, di questi tempi,
senza neanche ricordare di possedere un corpo che ha
vita,
e c’è paura nel mondo, c’è paura delle parole
che designano il corpo
e si parla benevolmente dei panni,
di pantaloni si può parlare, di vestiti,
e di biancheria intima da donna (di calze e giarrettiere
«per signora»),
come se per le strade camminassero indumenti e abiti
del tutto vuoti
e un oscuro ed osceno guardaroba invadesse il mondo.

 […]  

Sempre,
prodotti industriali, calze, scarpe,
o semplicemente aria infinita,
ci saranno tra i miei piedi e la terra
portando all’eccesso l’isolamento e la solitudine del mio
essere,
qualcosa di tenacemente presupposto fra la mia vita e
la terra,
qualcosa d’apertamente invincibile e nemico.

……………………………….

TANGO DEL VEDOVO

“…quante volte darei questo coro d’ombre che è mio,
e il rumore d’inutili spade che mi sferraglia nel petto
e la solitaria colomba di sangue che sta sulla mia fronte
a invocare cose scomparse, esseri scomparsi,
sostanze stranamente inseparabili e perdute…”

……………………………….

WALKING AROUND

“…Succede che mi stanco di essere uomo
Succede che entro nelle sartorie e nei cinema smorto,
impenetrabile, come un cigno di feltro
che naviga in un’acqua di origine e di cenere.
L’odore dei parrucchieri mi fa piangere e stridere
Voglio solo un riposo di ciottoli o di lana
Non voglio più vedere stabilimenti e giardini
Mercanzie, occhiali e ascensori.
Succede che mi stanco dei miei piedi e delle mie unghie
E dei miei capelli e della mia ombra
Succede che mi stanco di essere uomo.
Dopo tutto sarebbe delizioso
Spaventare un notaio con un giglio mozzo
O dar morte a una monaca con un colpo d’orecchio.
Sarebbe bello andare per le vie con un coltello verde
E gettar grida fino a morir di freddo.
Non voglio essere più radice nelle tenebre,
barcollante, con brividi di sonno, proteso all’ingiù,
nelle fradicie argille della terra
assorbendo e pensando, mangiando tutti i giorni…”

-Pablo Neruda dal libro “Pablo Neruda Poesie”-

*(la copertina .. la carta .. le pagine irregolari tutto fantastico non posso non inserire una foto)

pablo neruda poesie

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Fahrenheit 451

“…Offri al popolo gare che si possano vincere ricordando le parole di canzoni molto popolari, o il nome delle capitali dei vari Stati dell’Unione o la quantità di grano che lo Iowa ha prodotto l’anno passato.

Riempi i loro crani di dati non combustibili, imbottiscili di “fatti” al punto che non si possano più muovere tanto son pieni, ma sicuri d’essere “veramente bene informati”.
Dopo di che avranno la certezza di pensare, la sensazione del movimento, quando in realtà sono fermi come un macigno.
E saranno felici, perché fatti di questo genere sono sempre gli stessi.
Non dar loro niente di scivoloso e ambiguo come la filosofia o la sociologia affinché possano pescare con questi ami fatti ch’è meglio restino dove si trovano.
Con ami simili, pescheranno la malinconia e la tristezza…”

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“…Era una gioia appiccare il fuoco.
Era una gioia speciale veder le cose divorate, vederle annerite, diverse.
Con la punta di rame del tubo fra le mani, con quel grosso pitone che sputava il suo cherosene venefico sul mondo, il sangue gli martellava contro le tempie, e le sue mani diventavano le mani di non sai che direttore d’orchestra che suonasse tutte le sinfonie fiammeggianti, incendiarie, per far cadere tutti i cenci e le rovine carbonizzate della storia. Col suo elmetto simbolicamente numerato 451 sulla stolida testa, con gli occhi tutta una
fiamma arancione al pensiero di quanto stava per accadere la prossima volta, l’uomo premette il bottone dell’accensione, e la casa sussultò in una fiammata divorante che si dette ad arroventare il cielo vespertino, poi ad ingiallirlo e infine ad annerirlo…”

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“…«Mi permettete una domanda? Da quanto tempo lavorate agli incendi?»
«Da quando avevo vent’anni, dieci anni fa.»
«Non leggete mai qualcuno dei libri che bruciate?»
Lui si mise a ridere:
«Ma è contro la legge!»
«Oh, già, certo.»
«È un bel lavoro, sapete. Il lunedì bruciare i luminari della poesia, il
mercoledì Melville, il venerdì Whitman, ridurli in cenere e poi bruciar la
cenere. È il nostro motto ufficiale.»
Continuarono a camminare e infine la ragazza domandò:
«È vero che tanto tempo fa i vigili del fuoco spegnevano gli incendi
invece di appiccarli?»
«No, è una leggenda. Le case sono sempre state antincendio, potete
prendermi in parola.»
«È strano. Mi ricordo di aver sentito dire che molto, molto tempo fa le
case ardevano spesso per disgrazia e che occorrevano gli uomini del fuoco
per domare le fiamme.»…”

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“…Perché anche noi siamo dei bruciatori di libri. Leggevamo i libri e poi li bruciavamo, per paura che ce li trovassero in casa. I microfilm non servivano, eravamo sempre in viaggio, non volevamo dover sotterrare il film in attesa di ritornare. Sempre il rischio di essere scoperti! Meglio tenersi tutto quanto in testa, dove nessuno può venire a vedere o sospettare nulla! Noi siamo tutti pezzi e bocconi di storia, letteratura, codice internazionale, Byron, Tom Paine, Machiavelli o Gesù Cristo, ecco tutto…”

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“…Trasmetteremo i libri ai nostri figli, oralmente, e lasceremo ai nostri figli il compito di fare altrettanto coi loro discendenti. Naturalmente, molte cose andranno perdute, con questo sistema. Ma non puoi obbligare la gente ad ascoltare, se non vuole…”

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“…E quando ci domanderemo cosa stiamo facendo, tu potrai rispondere loro: noi ricordiamo. Ecco dove alla lunga avremo vinto noi. E verrà il giorno in cui saremo in grado di ricordare una tal quantità di cose che potremo costruire la più grande scavatrice meccanica della storia e scavare, in tal modo, la più grande fossa di tutti i tempi, nella quale sotterrare la guerra…”

dal libro “Fahrenheit 451” di Ray Bradbury

 

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I DOLORI DEL GIOVANE WERTHER

“..Le pene degli uomini sarebbero minori se essi – e Dio solo sa perché son fatti cosi – non si accanissero a rievocare con la forza dell’immaginazione il male passato, piuttosto che accettare un tranquillo presente..”

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“..Certe volte non capisco come un altro possa averla cara, abbia il diritto di averla cara, mentre io amo lei, unicamente, così dal profondo, così pienamente, e non conosco, e non so, e non ho altro che lei..”

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“Poi stima il mio ingegno e le mie capacità più del mio cuore, che pure è il mio unico orgoglio, la sola sorgente di tutto, di ogni mia forza, di ogni felicità, di ogni sventura. Sì, quello ch’io so chiunque lo può imparare… ma il mio cuore non l’ho che io..”

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“Tu eri rapido, Morar, come un capriolo sulla roccia, terribile come una fiamma notturna nel cielo. La tua collera era una tempesta, la tua spada nella battaglia, un lampo sulla landa. La tua voce sembrava il torrente dopo la pioggia, il tuono grondante tra le montagne. Molti caddero sotto il tuo braccio; la fiamma della sua ira li consumò. Ma quando tu ritornavi dal combattimento, com’era calma la tua fronte! Il tuo viso era come il sole dopo la tempesta, come la luna nella notte silenziosa; il tuo seno era tranquillo come il lago quando è cessato il rumore del vento..”

– Johann Wolfgang Goethe dal libro “I dolori del giovane Werther” –

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COME UN ROMANZO

“Quel che abbiamo letto di più bello
lo dobbiamo quasi sempre a una persona cara.
Ed è a una persona cara che subito ne parleremo.
Forse proprio perché la peculiarità del sentimento,
come del desiderio di leggere, è il fatto di preferire.
Amare vuol dire, in ultima analisi,
far dono delle nostre preferenze a coloro che preferiamo.
E queste preferenze condivise popolano l’invisibile cittadella della nostra libertà.
Noi siamo abitati da libri e da amici.”

-Daniel Pennac dal libro “COME UN ROMANZO”-

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I DEMONI

– Voi pensate, forse, che io dubiti ancora che il personaggio che mi appare nell’allucinazione sia io stesso e non sia davvero il diavolo.
– E… lo vedete realmente? Vedete realmente una figura ben definita?
– Sì lo vedo, lo vedo così, come vedo ora voi… e talvolta lo vedo e non sono persuaso di vederlo, benché lo veda… talvolta non so chi dei due realmente esista: io o lui…

-Fëdor Michajlovic Dostoevskij dal libro “I DEMONI”

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Emily Dickinson

“Sono capace di passare a guado il dolore
Stagni interi di dolore
Ci sono abituata
Ma se appena la gioia mi spinge e mi sfiora
le gambe non reggono..”

 ……………………

“..Qualcosa di strano dentro

quella che ero e quella che sono,

adesso, due cose divise

potrebbe questa essere pazzia?..”

……………………

“..è stupendo essere vivi

è infinito esserlo due volte,

perché sono nata alla vita,

ed ora perché sono nata dentro di te..”

– Silenzi di Emily Dickinson –

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