Archivi del mese: gennaio 2014

Volteggiando sull’altipiano

Volavamo nel sole, ma il versante della collina era immerso in una bruna ombra trasparente in cui ben presto ci tuffammo anche noi. Improvvisamente, dall’alto, li scorsi. Erano ventisette bufali; stavano pascolando su uno di quei verdi crinali che corrono lungo i fianchi della collina per ricongiungersi sulla vetta come le pieghe di un vestito. Dapprincipio, lontanissimi, sotto di noi,
parevano topi che si muovessero con cautela sul pavimento di una stanza. Calammo rapidamente, volteggiando in lungo e in largo sul crinale, fino ad appena cinquanta metri di altezza. Ci
trovavamo ormai a un tiro di schioppo: potevamo contarli, mentre in gran quiete si ricongiungevano al branco o se ne distaccavano. Ve n’ara uno vecchissimo, grande e nero, e altri piú giovani e giovanissimi. Tutt’intorno, cespugli proteggevano l’ampio pascolo erboso; se qualcuno si fosse avvicinato da terra ne avrebbero inteso il rumore o fiutato l’odore, ma non si aspettavano un attacco dall’aria. Dovevamo continuare a volteggiare sopra di loro. Sorpresi dal fracasso del motore cessarono di pascolare; ma pareva non avessero l’istinto di guardare in alto. Si accorsero, alla fine, che stava avvenendo qualcosa di molto strano; il vecchio bufalo dette il via e tutto il branco lo seguì. Le quattro zampe piantare per terra, alzò le corna – dovevano pesare almeno mezzo quintale – sfidando il nemico nascosto. Poi, d’improvviso, si slanciò; prima trottando, poi addirittura al galoppo. Tutto il clan lo seguí, correndo all’impazzata. Andarono ad ingolfarsi fra i cespugli, sollevando un nugolo di polvere e di sassi.
Arrivati nel folto si fermarono, radunandosi tutti insieme: parevano un pavimento di pietre grigie, in una radura fra le colline. Lì si credevano al riparo e lo erano, per ogni minaccia venuta dalla terra, ma non potevano sfuggire allo sguardo dell’uccello dell’aria. Prendemmo quota e ci allontanammo.

K. Blixen, La mia Africa, parte III, 8

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L’oblio dei piccoli nomi

Ma la storia, mentre è in corso, ha l’aspetto di storia? Non accade sempre che i piccoli nomi vengono offuscati, restano solo le idee, gli interessi dei grossi nomi, che dopo diventano nomi di strade, e compaiono nei manuali e nelle enciclopedie? Non importa quanti libri di oral history vengono pubblicati, di norma le vittime scompaiono dietro i grandi avvenimenti. Si leggono i loro nomi del tutto interscambiabili sulle lapidi che ormai nessuno guarda più. Non sono spariti soltanto con il corpo, ma anche con il nome.

Cees Nooteboom, Verso Santiago, pag. 33.

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Gauchos

Quando riesci a mettere in sella un gaucho ubriaco, puoi star sicuro che ci resterà e che il cavallo lo porterà a casa. Ma ciò presuppone il momento pericoloso in cui lo metti a cavallo. Naitane pensava che il momento era vicino. Il gaucho più giovane aveva la faccia paonazza e si teneva su appoggiandosi al bancone coi gomiti. Gli amici stavano a vedere se le gambe lo reggevano. Avevano tutti un coltello alla cintura. Il loro capo era un tipo rozzo e affilato, con bombachas nere e una camicia nera aperta fino all’ombelico. Aveva il petto coperto da peli rossicci che gli crescevano anche su tutta la faccia; pochi denti, lunghi, aguzzi e anneriti, e un naso come la pinna di un pescecane. Si muoveva con la grazia di una macchina ben lubrificata e guardava di sottecchi Naitane con un sorriso canzonatorio.

B. Chatwin, In Patagonia, 18

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Dal piroscafo

Ritorno a bordo. Il piroscafo salpa e stride di tutte le sue luci; sfila davanti al mare che si frastaglia e sembra passare in rivista un pezzo di strada oscura. Verso sera c’è stato un uragano e il mare riluce al largo come un ventre di bestia. Intanto, lembi di nuvole a brandelli, che il vento deforma a zig-zag, a croci e triangoli, mascherano la luna. Quelle figure bizzarre sono come illuminate dall’interno: sul fondo nero del cielo, si direbbe un’aurora boreale a uso dei tropici. Di tanto in tanto si scorge attraverso queste apparizioni fumose un frammento di luna rossastra che passa, ripassa e scompare come una lanterna errante e angosciata.

C. Lévi-Strauss, Tristi tropici, cap. 9

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In mezzo a tutto questo

Lo sbattere delle tende d’una lettiga che porta all’ospedale un malato,
L’incontro di nemici, le imprecazioni immediate, colpi e il tonfo,
La folla eccitata, il poliziotto con la stella che s’apre un passaggio tra la folla,
Le pietre impassibili che ricevono e respingono tanti echi,
I gemiti del malnutrito e dell’obeso che un colpo di sole o l’apoplessia fa cadere,
Lo spasimare di donne sorprese dalle doglie che s’affrettano a casa e partoriscono,
Quante parole vive e sepolte, che ancora vibrano qui, quante urla soffocate dal decoro,
Arresti di criminali, commenti offensivi, profferte adultere avanzate, accettate, respinte con labbra convesse,
Io bado a tutto questo, allo spettacolo o all’eco di tutto questo: io arrivo e parto.

W. Whitman, da Canto di me stesso, 8

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Alternative

Cercate delle alternative. Gli schemi in cui siete inseriti rappresentano soltanto una possibilità. Ci sono migliaia di possibilità per tutto.

L. Buscaglia, Vivere amare capirsi, cap. 4

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Terra e radici

E’ tuttora evidente anche l’inclusione della terra nelle storie tradizionali, prova di una stretta associazione con la terra stessa e dell’esistenza di una strana, ipnotica conformità del comportamento umano per reazione alle sottigliezze del paesaggio. Molti non hanno abbandonato la terra e la terra non li ha abbandonati. È difficile, venendo dalle lontane città del sud, percepire e soprattutto sviscerare la ricchezza di questa associazione, o giudicarne il valore. Ma questa affinità arcaica con la terra, credo, è un antidoto per la solitudine che nella nostra cultura noi associamo con lo straniamento individuale e la disperazione.

Barry Lopez, Sogni artici, pag. 263.

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Lezione di epistemologia

Il mondo in cui uno si alza al mattino è fatto di montagne, di onde che sbattono spumeggiando contro le scogliere, di prati dove l’erba è verde, di uccelli coi loro gridi, di animali coi loro richiami e di tanti, tanti uomini con le loro vite. E che fanno i poveri scienziati dinanzi a tutto questo? Misurano, soppesano, scoprono delle leggi, analizzano i vari aspetti delle varie manifestazioni del mondo, e di ognuna spiegano tutto, senza però alla fine spiegare nulla. E comunque prendono in considerazione solo ciò che è ovvio, semplice, ciò che viene percepito dai sensi, senza potersi occupare delle emozioni, dei sentimenti, di ciò che impercettibilmente cambia la vita di ciascuno di noi, come l’amore, o cambia il mondo di tutti, come l’ingordigia.

T. Terzani, Un altro giro di giostra, cap. 3

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Conosco delle barche

Conosco delle barche
che restano nel porto per paura
che le correnti le trascinino via con troppa violenza.

Conosco delle barche che arrugginiscono in porto
per non aver mai rischiato una vela fuori.

Conosco delle barche che si dimenticano di partire
hanno paura del mare a furia di invecchiare
e le onde non le hanno mai portate altrove,
il loro viaggio è finito ancora prima di iniziare.

Conosco delle barche talmente incatenate
che hanno disimparato come liberarsi.

Conosco delle barche che restano ad ondeggiare
per essere veramente sicure di non capovolgersi.

Conosco delle barche che vanno in gruppo
ad affrontare il vento forte al di là della paura.

Conosco delle barche che si graffiano un po’
sulle rotte dell’oceano ove le porta il loro gioco.

Conosco delle barche
che non hanno mai smesso di uscire una volta ancora,
ogni giorno della loro vita
e che non hanno paura a volte di lanciarsi
fianco a fianco in avanti a rischio di affondare.

Conosco delle barche
che tornano in porto lacerate dappertutto,
ma più coraggiose e più forti.

Conosco delle barche straboccanti di sole
perché hanno condiviso anni meravigliosi.

Conosco delle barche
che tornano sempre quando hanno navigato.
Fino al loro ultimo giorno,
e sono pronte a spiegare le loro ali di giganti
perché hanno un cuore a misura di oceano.

Jacques Brel

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Viaggi moderni

Vi fu un tempo in cui, viaggiando, ci si veniva a trovare a confronto con civiltà radicalmente diverse dalla propria, che s’imponevano anzitutto per la loro stranezza. Da qualche secolo, però, queste occasioni diventano sempre più rare. Sia in India che in America, il viaggiatore moderno si sorprende sempre meno di quanto non voglia riconoscere. Scegliendo obiettivi e itinerari, siamo soprattutto liberi di preferire la tale data di penetrazione, il tale ritmo d’invasione della civiltà meccanica piuttosto che un altro. La ricerca dell’esotismo si riduce a un collezionare stati più o meno avanzati o ritardati di uno sviluppo familiare. Il viaggiatore diventa un antiquario, costretto, per mancanza di materiale, a trascurare la sua galleria d’arte negra per ripiegare sulle cianfrusaglie acquistate durante le sue peregrinazioni fra le bancarelle dei robivecchi nei centri abitati.

C. Lévi-Strauss, Tristi tropici, cap. 9

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