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Un’udienza dal Swami

Sentivo la pressione di quei suoi fedelissimi, delusi, e mi venne da chiedergli come faceva a essere sempre così paziente, cosi disponibile con tutti. Avevo osservato, dissi, come passava ore a riceverli, ad ascoltarli. Ognuno voleva la sua attenzione, il suo tempo. Il Swami rispose con una frase che fu determinante nel mio rapporto con lui: «Io non ho più bisogno di tempo», disse. «Ho già fatto tutto quel che volevo fare. Il tempo che mi resta è tempo pubblico. Anche tu ti stai avvicinando all’età in cui il tempo che hai puoi dedicarlo agli altri.» Dio mio, se mi sarebbe piaciuto! Ma ne ero così lontano… Lo sentii ancora dire: «Vedrai, sarà così anche per te. È una questione matematica. Quando avrai scoperto che tu sei la totalità, niente più ti potrà essere tolto». Lui poteva insegnarmi questo? Allora avevo davvero trovato «il mio maestro»!

T.Terzani, Un altro giro di giostra, 309

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Nella luce di Epicuro

Tu scorgesti per primo in questo buio profondo 
quella traccia di luce che indicava la strada: 
voglio seguirti ancora, grande gloria dei Greci, 
procedendo nell’orma che il tuo piede ha lasciato. 
Io non posso emularti, ma l’amore mi spinge 
solamente a imitarti: come vuoi che un rondone 
si paragoni ad un cigno? E potrebbe un capretto 
dalle zampe tremanti atteggiarsi a destriero? 
Tu ci hai anche lasciato, con i tuoi insegnamenti, 
molti saggi precetti: ora io voglio volare 
sopra i tuoi scritti, Maestro, come fanno le api 
sui bei fiori dei prati, per estrarne una scienza 
che é preziosa per noi e che credo sia eterna. 
Da quando, per il tuo genio, noi potemmo scoprire 
la natura reale di ogni cosa che esiste 
il terrore è svanito, le mura sono crollate, 
noi possiamo scrutare questo immenso universo. 
Vediamo anche gli déi, nelle loro dimore 
che resistono al vento e le nubi non scuotono 
con i loro piovaschi, né la gelida neve 
le ricopre di bianco: un cielo sempre sereno 
le sovrasta e rallegra con un roseo chiarore. 
La natura provvede a tutto quello che occorre, 
niente riesce a turbare quella pace divina: 
lì non ci si tormenta per il nero Acheronte 
né la terra impedisce di guardare al di sotto 
ciò che vive e si compie nello spazio infinito. 
Tutto questo mi dona una gioia profonda 
e dolcemente io tremo quando, grazie al tuo genio, 
posso anch’io riconoscere la natura di tutto. 

Lucrezio, de rerum natura, III,1

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I Greci di Pericle

Amiamo il bello ma con compostezza, ci dedichiamo al sapere ma senza debolezza, adoperiamo la ricchezza più per la possibilità di agire che offre, che per sciocco vanto di discorsi …

Pericle, da Epitafio

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O miseras hominum mentes 

Si gareggia in scaltrezza, si vantano grandi natali,
si cerca di giorno e di notte, in un continuo travaglio,
di diventare più ricchi e accrescere il proprio potere:
misere menti mortali, poveri cuori accecati!
In quale buio si trova, in quali pericoli incorre
la vostra brevissima vita! Non sapete che è poco
quel che natura domanda? Un corpo abbastanza robusto
per non farci soffrire ed una coscienza serena
che non si lasci turbare da misteriose ossessioni.

Lucrezio, De rerum natura, II, 11

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Un’apologia della retorica

In un mondo inconoscibile pienamente, e nel quale dobbiamo agire, diventa importante capire che la retorica, la capacità di esercitare la nostra saggezza nelle situazioni incerte della vita, è importante come la logica. La retorica non è un espediente verbale, ma è la persuasione al cospetto dell’incertezza rispetto alle necessità di agire. Non è un caso che la Retorica di Aristotele sia stata scritta quando Atene era una democrazia, dove era necessaria la persuasione in politica e nell’azione pratica. Ma la retorica e una parte pienamente legittima delle scienze umane e del resto delle sensibilità umane.
Allora, forse, la poesia e la saggezza poetica sono giuste e vere.

Stuart Kauffman, Reinventare il sacro, pag. 261.

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Evoluzioni morali

Il nostro ragionamento morale, come il nostro diritto, cambia incessantemente e con indefessa creatività. Ma, come il diritto, alcune nostre considerazioni morali risalgono alla notte dei tempi e presumibilmente non sono cambiate per buone ragioni: in parte per gli effetti della selezione di gruppo durante l’evoluzione e in parte per una consapevolezza lungamente acquisita della loro saggezza. Affermare che il nostro senso morale si evolve non significa invocare un cieco relativismo morale. E’ invece l’invito a rispettare la saggezza morale del passato; è una titubanza a modificare un antico patrimonio morale, ma con la flessibilità sufficiente per adattarsi a fatti nuovi.

Stuart Kauffman, Reinventare il sacro, pag. 284.

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Terra

Qualunque sia la valutazione che finiamo per fare d’una distesa di terra, per quanto profonda e accurata, la troveremo tuttavia inadeguata. La terra conserva una sua identità, più profonda e più sottile di quella che possiamo pervenire a conoscere. Il nostro dovere nei suoi confronti diviene allora semplice: accostarci con una mentalità priva di calcolo, con un atteggiamento di riguardo. Cercare di percepire la portata e la varietà della sua espressione… il suo clima, i suoi colori, i suoi animali. Essere decisi fin dall’inizio a preservare in essa una parte di mistero come una sorta di saggezza che non deve essere posta in discussione e di cui si deve fare l’esperienza. E attendere vigili le sue aperture, attendere quel momento in cui qualcosa di sacro si rivela in ciò che vi è di terreno, e allora avrete la certezza che la terra sa della vostra presenza.

Barry Lopez, Sogni artici, pag. 230.

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La saggezza

La conoscenza non è saggezza! L’apprendimento, in se stesso, non è saggezza! La saggezza è l’applicazione della conoscenza e dei fatti. La saggezza è rendervi conto che non sapete nulla. La saggezza è dire: «la mia mente è aperta. Dovunque sia arrivato, sto appena incominciando. Ci sono da capire cento cose per ognuna delle cose che so». Questo è l’inizio della saggezza.

L. Buscaglia, Vivere amare capirsi, cap. 3

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La lezione più importante

Com’è a buon prezzo la salute! com’è a buon prezzo la nobiltà!
Astinenza, non falsità, non ingordigia e lussuria;
Io canto l’aria aperta, la libertà, la tolleranza,
(Prendete qui la lezione più importante — meno dai libri — meno dalle scuole),
Il giorno e la notte comuni — la terra e le acque comuni,
I vostri campi — il vostro lavoro, commercio, occupazione,
E sotto, la saggezza democratica, come solida base di tutto.

W. Whitman, da Il luogo comune

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Vivere come un Dio

Supponete che non ci sia altro che l’alveare:
che ci siano pecchioni e operaie
e regine, e nient’altro che miele da fabbricare
(cose importanti quanto cultura e saggezza)
per la prossima generazione, questa generazione che non vive
se non quando sciama nel sole della giovinezza,
rinforzandosi le ali con ciò che è stato raccolto, e assaporando, sulla strada tra il campo di trifoglio
e l’alveare, il prelibato bottino.
Supponete questo, e supponete la verità:
che la natura dell’uomo è superiore
al naturale bisogno dell’alveare;
e c’è da reggere il carico della vita,
così come l’eccesso dello spirito —
bene io dico che viverci come un Dio
certo dell’immortalità, per quanto incredibile,
è il modo di viverci.
Se ciò non rende Dio orgoglioso di voi,
allora Dio non è che gravitazione,
o il sonno la mèta beata.

E. Lee-Masters, Davis Matlock

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