Gli chiesi però se aveva qualche suggerimento contro la depressione, e quella domanda provocò qualcosa di strano che ancora oggi non so spiegarmi. Choe-drak rispose che la depressione è una malattia soprattutto occidentale. «E la ragione », aggiunse, «è che voi occidentali siete troppo attaccati alle cose. Siete fissati sulle cose. Uno perde, ad esempio, la sua penna e da allora non fa che pensare alla penna persa, senza dirsi che la penna non ha alcun valore, che si può scrivere anche con un lapis. In Occidente vi preoccupate troppo delle cose materiali.»
Lo ascoltavo e automaticamente prendevo appunti con la mia vecchia Montblanc nera. Parlammo ancora della sua prigionia, delle pillole preziose, dei mantra, le formule magiche, che debbono essere recitate durante la loro preparazione, e io continuavo a prendere appunti con la mia Montblanc. Alla fine ringraziammo, passammo dalla farmacia a ritirare le pillole, tornammo al Kashmir Cottage e li mi accorsi che… non avevo più la mia penna! Rimandai immediatamente l’interprete dal medico, chiesi al fratello del Dalai Lama di telefonare all’Istituto. Niente da fare. La penna era scomparsa. E io non feci che pensarci. Non tanto perché c’ero affezionato, ma perché m’era venuto il sospetto che il vecchio medico, sentendo nelle mie domande un fondo di scetticismo, avene voluto dimostrarmi i suoi « poteri » e darmi una lezione.
T. Terzani, Un altro giro di giostra, 211