Archivi del mese: agosto 2013

Don Antonio de Morga, da Quito

Sta ritto in piedi nella sala, nudo davanti allo specchio d’oro cesellato, e vede un altro. Cerca il suo corpo di toro e non lo trova. Sotto il ventre flaccido e tra le gambe flosce pende, muta, la chiave che aveva saputo aprire tutte le serrature di donna.
Si cerca l’anima e lo specchio non ce l’ha. Chi ha rubato la metà pia dell’uomo che faceva le prediche ai
frati ed era più devoto del vescovo? E lo splendore dei suoi occhi di mistico? Sopra la barba bianca non ci sono che rughe, e un’espressione spenta.
Don Antonio de Morga fa qualche passo fino a sfiorare lo specchio e chiede della sua terza metà. Deve esservi una regione dove han cercato rifugio i sogni sognati e dimenticati. Deve esserci: un posto dove gli occhi, consumati dal tanto guardare, abbiano serbato i colori del mondo; e le orecchie, già quasi sorde, le melodie. Cerca qualche sapore intatto, qualche profumo che non sia svanito, un tepore che persista nella mano.
Non riconosce niente che si sia salvato e meriti di restare. Lo specchio rimanda solo un vecchio vuoto che morirà questa notte.

E. Galeano, Memoria del fuoco, da La terza metà

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Il primitivo espansivo e cortese

Il primitivo espansivo e cortese, chi è?
Uno che aspetta la civiltà, o che l’ha superata e la domina?

E’ qualche sud-occidentale cresciuto all’aria aperta? è un canadese?
E’ delle terre del Mississippi? dello Iowa, dell’Oregon, California?
Viene dai monti? dalle praterie? è un boscaiolo o un marinaio dell’oceano?

Dovunque vada, la sua compagnia è bene accolta, desiderata da uomini e da donne,
Vogliono che li ami, che li tocchi, che parli con loro, che si trattenga con loro.

Modi sciolti come fiocchi di neve, parole semplici come l’erba, testa arruffata, risate, candore,
Passi lenti, modi, fattezze, emanazioni ordinarie,
Discendono in nuove forme dalla punta delle dita,
Esalano con l’odore del suo corpo, del fiato, sfuggono dalle sue rapide occhiate.

W. Whitman, Canto di me stesso, 39

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La barba di Adam

Che cos’era la mia barba? Una bandiera o un simbolo, come per dire: non potete incolonnarmi cosí facilmente, dare di me una semplice definizione – ho anch’io i miei sogni, ho degli altri orizzonti, ho le mie stramberie, magari anche misteri. Comunque sono una persona complicata.

A. B. Yehoshua, L’amante, parte 4a,92

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Donare

È necessario diventare l’individuo più colto, più geniale, più interessante, più versatile e più creativo del mondo perché allora si potrà donare tutto questo; e l’unica ragione per avere qualcosa è donarla.

L. Buscaglia, vivere amare capirsi, cap 1

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Effimere voglie

Il successo, quando è lontano, ha la bellezza del sogno, ma non appena si trasferisce su un piano di realtà appare sordido e meschino.

I. Némirovsky, La preda, parte 2, 4

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Sono un viandante

Sono un viandante.
Nessuno mi fermerà:
illusione sono le gioie e i dolori.
Senza casa sempre camminerò;
la zavorra che mi trae in basso
cadrà dispersa per terra.

Sono un viandante.
Per la strada canto a piena voce,
a cuore aperto,
libero dalle catene dei desideri;
attraverso il bene e il male
camminerò tra gli uomini.

Sono un viandante.
Svanirà ogni fatica.
Un canto sconosciuto
dal cielo lontano mi chiama;
una soave voce di flauto
mattina e sera incanta l’anima.

Sono un viandante.
Un mattino sono uscito
ch’era ancor buio,
ancor prima del canto degli uccelli.
Sopra l’oscurità, immobile
vegliava una pupilla.

Sono un viandante.
Una sera arriverò
dove brillano nuove stelle,
dove olezza un nuovo profumo;
dove due occhi sempre
mi guardano dolcemente.

R. Tagore, da Gitanjali

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Zumbì

Profondità del paesaggio, tristezze dell’anima. Zumbì fuma la pipa, lo sguardo perso nelle alte pietre rosse e nelle grotte aperte come ferite, e non vede che il giorno nasce con una luce nemica né vede che gli uccelli fuggono, impauriti, a stormi. Non vede venire il traditore. Vede venire il compagno, Antonio Soares, e si alza e lo abbraccia. Antonio Soares gli affonda varie volte il pugnale nella schiena.
I soldati conficcano la testa sulla punta di una lancia e la portano a Recife, perché imputridisca sulla piazza e gli schiavi imparino che Zumbí non era immortale.
Palmares non respira più. Era durato un secolo e aveva resistito a più di quaranta invasioni questo vasto spazio di libertà aperto nell’America coloniale. Il vento si è portato via le ceneri dei baluardi negri di Macacos e Subupira, Dambrabanga e Obenga, Tabocas e Arotirene. Per i vincitori il secolo di Palmares si riduce all’istante delle pugnalate che finirono Zumbì. Scenderà la notte e non resterà niente sotto le fredde stelle. Ma che cosa sa la veglia in confronto a quello che sa il sonno?
I vinti sognano Zumbí; e il sogno sa che finchè in questa terra un uomo sarà padrone di un altro uomo, il suo fantasma vagherà. Andrà zoppicando, perché Zumbí era zoppo per colpa di una pallottola; andrà risalendo il tempo e discendendolo e zoppicando lotterà in queste foreste di palme e in tutte le terre del Brasile.
I capi delle incessanti ribellioni negre si chiameranno Zumbì.

E. Galeano, da Memoria del fuoco, pag 343

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Ho bestemmiato il denaro

“Ma vede, al giorno d’oggi il denaro è una merce così effimera, così deperibile che non può influire minimamente sul nostro destino”.
“Lei è pazzo” disse Sarlat con una voce acuta e penetrante che non riusciva ad abbassare.
“Questo deve essere, in lui, il segno più tangibile della collera” pensò Jean-Luc. “Ho bestemmiato il denaro”.

I. Némirovsky, La preda, 11

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Pregiudizi in salotto

Questa è arte, voialtri non lo capite. Immaginate che cosa vuole dire vivere in mezzo a noi come se si avesse un doppio fondo, vivere contemporaneamente in due realtà diverse ed opposte? E quando voi, seduti in poltrona il venerdì sera, tornate a parlare di queste cose, non potete fare a meno di parlarne, e
cianciate di gruppi d’élite, di votati al suicidio, di fanatici frustrati, a me viene da ridere o da gridare (ma finisco per non dire nulla, mi caccio soltanto in bocca, furiosamente, un’altra manciata di noccioline). Ma di chi credete di parlare? Oggi lui è operaio nel mio garage, sottomesso e paziente, sorridente e fedele. E domani – una belva feroce. Ed è la stessa persona, o suo fratello, o cugino. La stessa educazione, lo stesso villaggio, gli
stessi genitori.

A. B. Yehoshua, L’amante, parte 4a,186

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Per i vinti e gli eroi sconosciuti

Con forte musica io vengo, con le mie trombe e i miei tamburi,
E non eseguo marce solo per i vincitori, eseguo marce per gli sconfitti e gli uccisi.

Vi hanno insegnato che è bene vincere le battaglie?
Io dico anche che è bene soccombere, perché le battaglie si perdono col medesimo spirito con il quale si vincono.

Io martello e stamburo per i morti,
Per loro soffio attraverso il bocchino le mie marce più allegre e squillanti.

Evviva coloro che sono caduti,
E quelli i cui vascelli affondarono in mare!
E quelli che essi stessi affondarono in mare!
E tutti i generali che persero gli scontri, e tutti gli eroi sopraffatti!
E gli infiniti eroi sconosciuti, uguali in tutto agli eroi più gloriosi!

W. Whitman, Canto di me stesso, 18

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