Sta ritto in piedi nella sala, nudo davanti allo specchio d’oro cesellato, e vede un altro. Cerca il suo corpo di toro e non lo trova. Sotto il ventre flaccido e tra le gambe flosce pende, muta, la chiave che aveva saputo aprire tutte le serrature di donna.
Si cerca l’anima e lo specchio non ce l’ha. Chi ha rubato la metà pia dell’uomo che faceva le prediche ai
frati ed era più devoto del vescovo? E lo splendore dei suoi occhi di mistico? Sopra la barba bianca non ci sono che rughe, e un’espressione spenta.
Don Antonio de Morga fa qualche passo fino a sfiorare lo specchio e chiede della sua terza metà. Deve esservi una regione dove han cercato rifugio i sogni sognati e dimenticati. Deve esserci: un posto dove gli occhi, consumati dal tanto guardare, abbiano serbato i colori del mondo; e le orecchie, già quasi sorde, le melodie. Cerca qualche sapore intatto, qualche profumo che non sia svanito, un tepore che persista nella mano.
Non riconosce niente che si sia salvato e meriti di restare. Lo specchio rimanda solo un vecchio vuoto che morirà questa notte.
E. Galeano, Memoria del fuoco, da La terza metà