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Il tempo

Congiunto è ciò che non può separarsi o dividersi
da un corpo qualsiasi senza causarne la fine:
la pietra che pesa, il fuoco che arde, l’acqua che scorre
ciò che possiamo toccare ed il vuoto intangibile.
Invece l’essere servi, la povertà e la ricchezza
la libertà, la concordia e la guerra, ed ogni altra cosa
di cui l’avvento o il distacco non mutino in niente
la sostanza dei corpi noi li chiamiamo “accidenti”.
Anche il tempo lo è. E solo quel che consegue
dalle cose che accaddero in un lontano passato,
stanno accadendo adesso o accadranno in futuro.

Lucrezio, De rerum natura, I-451

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Uomini che avevano tempo

Da ragazzo ho conosciuto uomini che avevano tempo. Erano pastori dell’Orsigna nell’Appennino toscano, dove andavo in vacanza. Stavano per ore con un filo d’erba in bocca. distesi su un prato in cima a un monte a guardare da lontano il loro gregge e a riflettere, a sognare. a formulare dei versi che a volte scolpivano nelle pietre delle fonti o cantavano la domenica nelle gare di poesia attorno a una damigiana di vino.

T. Terzani, Un altro giro di giostra, 161

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Chi corre dietro i treni?

Un giorno mi fu dato un altro consiglio di quelli che cambiano la vita e che reputo applicabile, saggio ed empiricamente valido. Per impedirmi di correre per prendere una metropolitana in partenza, uno mio compagno di classe di Parigi, che poi sarebbe diventato il romanziere Jean-Olivier Tedesco, mi disse: “io non corro dietro ai treni”. Snobbate il destino. Io ho imparato a non correre per rispettare i tempi. Può sembrare un consiglio da poco, ma funziona.
Rifiutandomi di correre per prendere i treni, ho provato il vero valore dell’eleganza e dell’estetica del comportamento, la sensazione di avere il pieno controllo del mio tempo, dei miei programmi, della mia vita. Perdere un treno fa male solo se gli correte dietro! Allo stesso modo, non corrispondere all’idea di successo che gli altri si aspettano da voi fa male solo se è proprio quello che cercate di fare.
Potete stare al di sopra della corsa al successo e dell’ordine gerarchico, e non al di fuori, a patto che lo facciate per scelta.
Se lasciate un posto di lavoro con uno stipendio alto, purché siate voi a prendere la decisione, il guadagno che ne troverete vi sembrerà migliore dell’utilità del denaro in questione (può sembrare assurdo, ma ci ho provato e funziona). È il primo passo per avvicinarsi all’atteggiamento stoico che consiste nel mandare a quel paese il destino. Se siete voi a decidere il criterio avete molto più controllo sulla vostra vita.
Madre natura ci ha concesso alcuni meccanismi di difesa: come nella favola di Esopo, uno consiste nella capacità di prendere in considerazione il fatto che l’uva che non riusciamo (o che non siamo riusciti) a raggiungere sia acerba. Tuttavia, un rifiuto a priori dell’uva, aggressivamente stoico, dà ancora più soddisfazione. Siate aggressivi, datele voi le dimissioni, se ne avete il fegato.
È più difficile perdere in un gioco in cui siete voi a dettare le regole.
Dal punto di vista del Cigno nero, questo significa che un individuo è esposto all’improbabile solo se lascia che questo lo controlli. Quando siete voi a decidere siete voi ad avere il controllo; fate in modo che questo sia il vostro obiettivo.

Nassim N. Taleb, Il cigno nero, pag. 304

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Ciao Walt

Né il tempo, né il luogo hanno importanza, la distanza non conta,
Sono con voi, uomini e donne d’una o più generazioni a venire,
Ciò che provate guardando il fiume e il cielo, io l’ho provato,
Come voi fate parte d’una folla, ne feci parte anch’io,
Come voi vi sentite rianimare dalla bellezza del fiume, dal suo fluire luminoso, io mi sentii rianimare,
Come voi state in piedi e vi appoggiate alla ringhiera, eppure andate in fretta con la veloce corrente, io mi appoggiavo e andavo,
E come voi guardate la fitta selva dei velieri e le grosse pipe dei vapori, così io li guardavo.

W. Whitman, da Sul ferry di Brooklyn, 3

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Niente è mai veramente perduto

Niente è mai veramente perduto, o può essere perduto,
Nessuna nascita, forma, identità – nessun oggetto del mondo.
Nessuna vita, nessuna forza, nessuna cosa visibile;
L’apparenza non deve ostacolare, né l’ambito mutato confonderti il cervello.
Vasto è il Tempo e lo Spazio, vasti i campi della Natura.
Il corpo, lento, freddo, vecchio — cenere e brace dei fuochi d’un tempo,
La luce velata degli occhi tornerà a splendere al momento giusto;
Il sole ora basso a occidente sorge costante per mattini e meriggi;
Alle zolle gelate sempre ritorna la legge invisibile della primavera,
Con l’erba e i fiori e i frutti estivi e il grano.

W. Whitman, da Sabbie a settant’anni

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Poco tempo

Tutto ci sembra poco, tutto si comprime e ci sembra poco, una volta che finisce, allora è sempre chiaro che non abbiamo avuto abbastanza tempo.

Javier Marìas, Domani nella battaglia pensa a me, pag. 34

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La mente, il tempo

Erano altre persone, con lo stesso cervello pensavano un pensiero diverso. E’ tipico di alcuni luoghi, una magia che ti permette di partecipare ai pensieri di altri, sconosciuti, gente che viveva in un mondo che non potrà mai essere il tuo.

Cees Nooteboom, Verso Santiago, pag. 299.

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L’arte di ascoltare

Ora i gusti sono mutati, si è perduta l’arte dell’ascoltare, in Europa. Gli africani la posseggono ancora perché non sanno leggere. Appena principi a dire: “un tale camminava nella pianura e incontrò un altro”, subito pendono dalle tue labbra, subito la loro fantasia insegue con slancio la pista sconosciuta dei due uomini sulla pianura. Ma i bianchi non sono più capaci di prestar orecchio a un racconto, nemmeno se sentono che è loro dovere. Divengono irrequieti, si ricordano di mille incombenze da sbrigare proprio in quel momento; se, addirittura, non si addormentano. Le stesse persone, invece, son capaci di cercare qualcosa da leggere e di trascorrere tutta la sera immerse nella lettura di un qualsiasi pezzo di carta stampata. Riescono persino a leggere i discorsi. È l’abitudine di cogliere le cose solo con gli occhi.

K. Blixen, La mia Africa, parte III, cap. 8

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Orbite

So che sono immortale,
So che questa mia orbita non può essere percorsa dal compasso del falegname,
So che non svanirò come il cerchio tracciato nella notte dal tizzone d’un bimbo.

So di essere augusto,
Non mi tormento lo spirito perché rivendichi se stesso o sia capito, So che le leggi elementari non chiedono mai scusa, (Ritengo, in fin dei conti, di non comportarmi con più orgoglio della livella con cui impianto la casa).

Esisto come sono, e ciò è sufficiente,
Se nessun altro al mondo è consapevole, io mi contento,
Se ognuno e tutti sono consapevoli, resto ugualmente contento.

Un mondo ne è consapevole e di gran lunga il più vasto per me, e quel mondo sono io,
E che io raggiunga il mio quest’oggi o in diecimila o dieci milioni di anni,
Posso accettarlo di buon grado ora, o con uguale buon umore aspettare.

L’appiglio del mio piede ha tenone e mortesa di granito,
Rido di ciò che voi chiamate dissoluzione,
E conosco la vastità del tempo.

W. Whitman, Foglie d’Erba, da Canto di me Stesso, 20

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Media e storia

Questo paese è vecchio, ha visto molte guerre e catastrofi, grandi movimenti, crudeltà e amari contrasti, gli ultimi dei quali ancora nel nostro secolo. A causa di tutti questi drammi hanno dovuto soccombere persone che pensavano che con loro tutto sarebbe finito, eppure il viaggiatore trova paesaggi, monumenti e abitudini rimasti tali e quali. Sono i contemporanei a esagerare sempre i cambiamenti, coadiuvati nella loro esagerazione dai mezzi di comunicazione (di nuovo), che per continuare a esistere devono vendere il cambiamento perché le costanti non possiedono alcun fascino. Per quest’ultime ci vogliono media diversi: musei, libri, cattedrali.

Cees Nooteboom, Verso Santiago, pag. 48.

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