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Lo Svedese

Un bravo ragazzo, semplice e stoico. Non uno spiritosone. Non un passionale. Solo un uomo adorabile destinato a farsi fottere da pazzi scatenati. In un certo senso, lo si sarebbe potuto credere un uomo assolutamente banale e conformista. Un’assenza di valori negativi e nient’altro. Educato alla piattezza, costruito per il conformismo, eccetera eccetera. La vita ordinaria e decorosa che vogliono fare tutti, e nient’altro. L’adattamento sociale, e nient’altro. La bonarietà, e nient’altro. Mentre quello che cercava di fare era sopravvivere, mantenendo il gruppo intatto. Stava cercando di farcela col suo plotone intatto. Era una guerra, per lui in definitiva. C’era qualcosa di nobile in quell’uomo. Rinunce dolorose hanno caratterizzato la sua vita. E’ stato coinvolto in una guerra che non aveva cominciato, e si è battuto per tenere tutto insieme, e ci ha lasciato le penne.

P.Roth, Pastorale americana, pag. 71

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la conquista della scrittura

Se si vuol mettere in relazione l’apparire della scrittura con certi tratti caratteristici della civiltà, bisogna cercare in un’altra direzione. Il solo fenomeno che l’abbia fedelmente accompagnata è la formazione delle città e degli imperi, cioè l’integrazione in un sistema politico di un numero considerevole di individui e la loro gerarchizzazione in caste e in classi. Tale è, in ogni caso, l’evoluzione tipica alla quale si assiste, dall’Egitto fino alla Cina, nel momento in cui la scrittura fa la sua apparizione: essa sembra favorire lo sfruttamento degli uomini prima di illuminarli. Questo sfruttamento, che permetteva di raccogliere migliaia di lavoratori per costringerli a compiti estenuanti, meglio della relazione diretta considerata testé. Se la mia ipotesi è esatta, bisogna ammettere che la funzione primaria della comunicazione scritta è di facilitare l’asservimento. L’impiego della scrittura a fini disinteressati, in vista di trarne soddisfazioni intellettuali ed estetiche, è un risultato secondario, se pure non si riduce più spesso a un mezzo per rafforzare, giustificare e dissimulare l’altro.

C. Lévi-Strauss, Tristi tropici, 252

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Clima da dopoguerra

Era una generazione non soltanto ferita ma anche malata e che aveva rimosso il suo trauma in una chiassosa ricostruzione. I fatti scomparivano negli stereotipi: Hitler, il criminale. La lingua subiva l’aperta violenza non solo degli autori dei crimini, ma anche di chi parlando di sé diceva ce la siamo cavata anche stavolta. In questo modo ghermivano per sé un ruolo di vittime. 

U.Timm, Come mio fratello, 95

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Ieri e oggi

Accendeva il fiammifero sfregandolo velocemente – e il suo modo di accendere la sigaretta, di spegnere il fiammifero, tutto succedeva senza sforzo, con movimenti eleganti e fluidi. Fumava tenendo la sigaretta fra il medio e l’indice, leggermente aperti. Al mignolo portava l’anello con il topazio bruciato. 
Era il suo orgoglio, lavorare in proprio. 
Un buon intrattenitore, ricercato e benvisto, stimolante e gradevole, questo era mio padre. 
Ma c’era anche l’altro padre, quello che la sera sedeva chino sui libri a fare i conti. Il sospirare, lo scuotere la testa, il muto torcersi le mani – sì, si sfregava lentamente le mani, le stropicciava come se potesse schiacciare, stritolare le preoccupazioni. L’angoscia sempre palpabile di mio padre, e anche di mia madre, di finire estromessi dalla vita borghese, l’angoscia dell’inconcepibile declassamento. Quella paura di perdere l’indipendenza, un’indipendenza che tuttavia era garantita sempre e solo dalle banche. 

U. Timm, Come mio fratello, 73

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La degradazione dei padri

Colonne di automezzi si spingevano attraverso la città, jeep, camion, blindati, mentre i soldati tedeschi prigionieri avanzavano stracciati. La grande disponibilità ad accogliere le forme di vita americane, il cinema, la letteratura, la musica, l’abbigliamento, quella marcia trionfale veniva dal fatto che i padri non avevano capitolato solo militarmente, ma avevano capitolato anche con il loro sistema di valori e il loro stile di vita. Gli adulti sembravano ridicoli, già all’epoca in cui il bambino non era ancora in grado di trovare per questo una motivazione concettuale, ma si avvertiva – quella degradazione dei padri. C’era l’obbligo del saluto. Gli uomini dovevano togliersi il cappello davanti alle truppe di occupazione inglesi, davanti ai vincitori. Il bambino osservava gli adulti, donne comprese, che si piegavano a raccogliere i mozziconi gettati a terra dai GI. 

U. Timm, Come mio fratello, 62

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Norimberga

Con grande sorpresa degli ufficiali americani che li interrogavano quegli uomini non erano bruti primitivi ma persone con una cultura letteraria, filosofica e musicale, uomini – si vorrebbe che non fosse possibile – i quali ascoltavano Mozart e leggevano Hölderlin. Erano pienamente consapevoli dei loro crimini e perciò si erano preoccupati di nascondere quelli che avevano fatto.

U. Timm, Come mio fratello, 55

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Il desiderio del padre

Cosa sarebbe successo se. Una domanda assolutamente superflua e rivolta sempre anche a chi la fa, in che misura le cose gli sembrano mutabili, esposte all’intervento dell’agire razionale. Anche se mia madre non ha mai mosso un rimprovero a mio padre. Vale a dire che si era davvero arruolato volontariamente, non l’aveva convinto il padre. Ma non ce n’era stato bisogno. Era stata solo la realizzazione silenziosa di quel che il padre desiderava, in sintonia con la società.

U. Timm, Come mio fratello, 53

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Uomini primitivi

Non è soltanto per ingannare i nostri bambini che vogliamo che continuino a credere a Babbo Natale: il loro fervore ci riscalda, ci aiuta a ingannare noi stessi e a credere, poiché essi ci credono, che un mondo di generosità senza contropartita è compatibile con la realtà.

C. Lévi-Strauss, Tristi tropici, 23

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Lo specchio di CLS

Avrei rivissuto dunque l’esperienza degli antichi esploratori, e attraverso di essa, quel momento cruciale del pensiero moderno in cui, grazie alle grandi scoperte, una umanità che si credeva completa e perfezionata riceve all’improvviso, come una controrivelazione, l’annuncio che non era l’unica; che era soltanto una parte di un più vasto sistema e che, per conoscersi, doveva prima contemplare la sua irriconoscibile immagine in quello specchio una particella del quale, dimenticata per secoli, stava per dare a me solo il suo primo e ultimo riflesso.

C. Lévi-Strauss, Tristi tropici, 275

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Rivoluzione interiore

La malattia di cui oggi soffre gran parte dell’umanità è inafferrabile, non definibile. Tutti si sentono più o meno tristi, sfruttati, depressi, ma non hanno un obbiettivo contro cui riversare la propria rabbia o a cui rivolgere la propria speranza. Un tempo il potere da cui uno si sentiva oppresso aveva sedi, simboli, e la rivolta si dirigeva contro quelli. Si sparava a un re, si liberava la Bastiglia, si assaltava il Palazzo d’Inverno e si apriva così la breccia di un secolo. Ma oggi? Dov’è il centro del potere che immiserisce le nostre vite?
Bisogna forse accettare una volta per tutte che quel centro è dentro di noi e che solo una grande rivoluzione interiore può cambiare le cose, visto che tutte le rivoluzioni fatte fuori non han cambiato granché. Il lavoro da fare in questa direzione è enorme, ma non sempre siamo pronti a questa fatica.

T. Terzani, Un altro giro di giostra, 256

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