Archivi tag: narrazione

Clima da dopoguerra

Era una generazione non soltanto ferita ma anche malata e che aveva rimosso il suo trauma in una chiassosa ricostruzione. I fatti scomparivano negli stereotipi: Hitler, il criminale. La lingua subiva l’aperta violenza non solo degli autori dei crimini, ma anche di chi parlando di sé diceva ce la siamo cavata anche stavolta. In questo modo ghermivano per sé un ruolo di vittime. 

U.Timm, Come mio fratello, 95

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Dopoguerra in Germania

Era una generazione non soltanto ferita ma anche malata e che aveva rimosso il suo trauma in una chiassosa ricostruzione. I fatti scomparivano negli stereotipi: Hitler, il criminale. La lingua subiva l’aperta violenza non solo degli autori dei crimini, ma anche di chi parlando di sé diceva ce la siamo cavata anche stavolta. In questo modo ghermivano per sé un ruolo di vittime. 

U.Timm, Come mio fratello, 95

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Fallacia ludica

Noi esseri umani amiamo il tangibile, la conferma, il palpabile, il reale, il visibile, il concreto, il conosciuto, il visto, il vivido, il visuale, il sociale, il radicato, l’emotivamente carico, il saliente, lo stereotipato, il toccante, il teatrale, il romanzato, ciò che è di facciata, l’ufficiale, la verbosità che sembra erudizione (le stronzate), il pomposo economista gaussiano, le scemenze matematizzate, il fasto, l’Académie francaise, la Harvard Business School, il premio Nobel, i completi scuri con le camicie bianche e le cravatte di Ferragamo, il sermone toccante e il sensazionale. Ma soprattutto preferiamo il narrato.
Purtroppo l’attuale versione della razza umana non comprende le questioni astratte perchè le serve un contesto, e il caso e l’incertezza sono astrazioni. Rispettiamo ciò che è accaduto, ma ignoriamo ciò che sarebbe potuto accadere. In altre parole, per natura siamo poco profondi e superficiali, e non lo sappiamo. Questo problema non è di natura psicologica, ma deriva dalla principale caratteristica dell’informazione. Il lato oscuro della luna è più difficile da vedere, e illuminarlo con raggi di luce richiede molta energia. Illuminare il non visto richiede molto sforzo, da un punto di vista sia computazionale che mentale.

Nassim N. Taleb, Il cigno nero, pag. 146

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Le storie e l’arte

Non ho mai creduto che la vita imiti l’arte, è una boutade che ha avuto fortuna perché è facile, la realtà supera sempre l’immaginazione, per questo è impossibile scrivere certe storie, pallida evocazione di ciò che fu davvero. Ma lasciamo perdere le teorie, la storia te la racconto volentieri, ma se vuoi la scrivi tu, perché su di me hai un vantaggio: non conosci chi l’ha vissuta. Per la verità lui mi ha solo raccontato l’antefatto, la conclusione l’ho saputa da un suo amico di poche parole; fra noi ci limitiamo a parlare di musica o di teoria degli scacchi, probabilmente se Omero avesse conosciuto Ulisse gli sarebbe sembrato un uomo banale. Credo di aver capito una cosa, che le storie sono sempre più grandi di noi, ci capitarono e noi inconsapevolmente ne fummo protagonisti, ma il vero protagonista della storia che abbiamo vissuto non siamo noi, è la storia che abbiamo vissuto.

A. Tabucchi, Il tempo invecchia in fretta, 103

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Il mondo dipende dai suoi relatori

Ciò che quando accade non è volgare né fine né gioioso né triste può essere triste o gioioso o fine o volgare se viene raccontato, il mondo dipende dai suoi relatori

Javier Marìas, Domani nella battaglia pensa a me, pag. 136

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Storie yahgan

Che ricordo, quelle lunghe sere attorno al fuoco, cinquant’anni fa… Dopo aver discusso della caccia del giorno e preparato quella dell’indomani, arrivava il momento dei racconti. Quando gli yahgan trovavano un pubblico interessato, si mettevano con piacere a frugare nella memoria per raccontare storie che avevano sentito tanto tempo prima e a cui ancora credevano fermamente, storie che, ne sono certo, non erano inventate lí per lí al solo fine di intrattenermi.

E. L. Bridges, Ultimo confine del mondo, XVI

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Realtà e suoi relatori

ciò che quando accade non è volgare nè fine nè gioioso nè triste può essere una qualunque di queste cose se viene raccontato, il mondo dipende dai suoi relatori e anche da quelli che ascoltano il racconto e a volte lo condizionano

Javier Marìas, Domani nella battaglia pensa a me, pag. 226

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Il racconto delle cose accadute

Colui che racconta di solito sa spiegare bene le cose e si sa spiegare, raccontare è come convincere o farsi capire o far vedere e così tutto può essere compreso, anche le cose più infami; tutto perdonato quando c’è qualcosa da perdonare, tutto tralasciato o assimilato e anche compatito, questo è avvenuto e bisogna conviverci quando sappiamo che è stato, trovargli un posto nella nostra coscienza e nella nostra memoria che non ci impedisca di continuare a vivere perché è accaduto e perché lo sappiamo. L’accaduto è perciò sempre molto meno grave dei timori e delle ipotesi, delle congetture e delle supposizioni e dei brutti sogni, che in realtà non introduciamo nella nostra conoscenza ma che mettiamo da parte dopo averli sofferti o dopo averli considerati momentaneamente e perciò continuano a suscitare orrore a differenza degli eventi, che diventano più lievi per la loro stessa natura, cioè, appunto perché sono dei fatti: dato che ciò è successo e lo so ed è irreversibile, ci diciamo rispetto a quelli, devo spiegarmelo e farlo mio o fare sì che me lo spieghi qualcuno, e la cosa migliore sarebbe che me lo raccontasse esattamente chi si è incaricato di farlo, perché è lui che sa.

Javier Marìas, Domani nella battaglia pensa a me, pag. 210

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Esìli

Ma se si racconta si può perfino entrare nelle grazie, questo è il pericolo. La forza della rappresentazione, immagino: per questo ci sono accusati, per questo ci sono nemici che si assassinano o si giustiziano o si linciano senza lasciarli dire una sola parola – per questo ci sono amici che si mandano in esilio e si dice: “Non ti conosco”, o non si risponde alle loro lettere – affinché non si spieghino e possano all’improvviso entrare nelle grazie, quando parlano mi calunniano ed è meglio che non parlino, anche se nel tacere non mi difendono.

Javier Marìas, Domani nella battaglia pensa a me, pag. 211

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