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I molti mondi

Il mondo che noi conosciamo lo ha fatto la grande natura
le cui parti primarie, unite in mille maniere
nel movimento incessante alla fine riuscirono
a combinarsi tra loro per questa grande creazione
della terra, dei mari, del cielo e dei molti viventi:
per la stessa ragione noi dovremo anche ammettere
che vi siano altri mondi in cui è accaduto lo stesso
e tutto si trovi agganciato in un simile abbraccio.
Sempre che esista materia in quantità sufficiente,
il luogo sia favorevole e nulla si opponga,
tutto può sempre unirsi ed avviare il suo ciclo.

Lucrezio, de rerum natura, II-1059

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Tessuti insieme

La morte non può cancellare nessuna parte primaria
ma solo, nel sopraggiungere, ne infrange le unioni.
Poi esse tornano a unirsi in nuovi modi diversi
perché quello che nasce abbia una forma e un colore
serbando il dono dei sensi finche non sia morto.
Si comprende così la grande importanza dei modi
in cui le singole parti possono andare ad unirsi
ed il tipo dei moti che essi subiscono o impongono.

Lucrezio, de rerum natura, Libro II, 1002

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La città: creatura emergente

Non è dunque in senso metaforico che si ha il diritto di confrontare — come spesso è stato fatto — una città a una sinfonia o a un poema; sono infatti oggetti della stessa natura. Più preziosa ancora, forse, la città si pone alla confluenza della natura con l’artificio. Agglomerato di esseri che racchiudono la loro storia biologica entro i suoi limiti e la modellano con tutte le loro intenzioni di creature pensanti, la città, per la sua genesi e per la sua forma, risulta contemporaneamente dalla procreazione biologica, dall’evoluzione organica e dalla creazione estetica. Essa è, nello stesso tempo, oggetto di natura e soggetto di cultura; individuo e gruppo; vissuta e sognata; cosa umana per eccellenza.

C. Lévi-Strauss, tristi tropici, 13

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Integrità profonda

Perché un rapporto con il paesaggio sia duraturo, dev’essere reciproco. Al livello in cui la terra ci fornisce il cibo non è difficile da comprendere e la reciprocità viene spesso ricordata nella preghiera di ringraziamento prima dei pasti. Al livello in cui il paesaggio ci appare bello o spaventoso e ci colpisce, oppure al livello in cui ci fornisce le metafore i simboli per indagare nel mistero, è più difficile definire la reciprocità. Se ci si avvicina alla terra con un atteggiamento d’obbligo, disposti a rispettare cortesie difficili da esprimere e che possono essere anche un semplice gesto delle mani, si stabilisce una considerazione dalla quale può emergere la dignità.
Da questo rapporto dignitoso con la terra è possibile immaginare un’estensione di rapporti dignitosi in tutta la propria vita. Ogni rapporto viene formato con la stessa integrità, che inizialmente spinge la mente a dire: le cose nella terra si armonizzano in modo perfetto, anche se cambiano sempre. Io desidero che l’ordine della mia vita sia organizzato nello stesso modo in cui trovo la luce, il movimento leggero del vento, la voce di un’uccello, la forma d’un baccello che vedo davanti a me. Voglio in me stesso questa impeccabile, incontestabile integrità.
Uno dei più antichi drammi dell’umanità consiste nel trovare una dignità che possa includere tutte le cose viventi. E una delle più grandi aspirazioni umane dev’essere portare pari dignità nei sogni, affinché ognuno trovi in qualche modo esemplare la propria vita. Un modo per riuscirvi consiste nel prestare attenzione a ciò che avviene in una terra intoccata dai piani umani, dove prevale un ordine originale.
La dignità che cerchiamo trascende quella espressa dai filosofi illuministi. È necessario un Illuminismo più radicale, in cui la dignità sia intesa come una qualità innata, e non come qualcosa concesso da qualcuno che sta al di fuori. E questa dignità comune deve includere la terra e le sue piante e le sue creature. Altrimenti è soltanto un’invenzione e non già, come deve essere, una percezione della natura della materia vivente.

Barry Lopez, Sogni artici, pag. 387.

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Emersione sublime

Ma anche l’anima è reale, anche lei è positiva e diretta,
Nessun ragionamento, nessuna prova l’ha stabilita,
Una innegabile crescita l’ha stabilita.

W. Whitman, da Un canto della terra che gira, 3

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Medici, massaie, recipienti di rame…

Nonostante la nostra pretesa di capire e il nostro altezzoso disprezzo per tutto quel che non è scientifico, continuiamo a sfruttare ciò che ci serve anche se non capiamo come funziona. I medici-scienziati, ad esempio, sono tornati a usare l’elettroshock nel trattamento di certe malattie mentali, pur non avendo ancora un’idea di che cosa provochi gli effetti desiderati. Eppure Io fanno con la stessa fiducia con cui le massaie stendono i lenzuoli sui prati nelle notti di luna piena perché sanno che s’imbiancano meglio che con un detersivo. Allo stesso modo gli indiani continuano a bere al mattino un bicchiere d’acqua che durante la notte è stata in un recipiente di rame dal quale avrebbe tratto una benefica «energia ». Cominciarono a farlo secoli e secoli fa, quando forse ne sapevano meglio il perché.

T. Terzani, Un altro giro di giostra, cap. 4

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Paesaggi vergini

Il viaggiatore europeo è sconcertato da questo paesaggio che non rientra in nessuna delle categorie tradizionali. Noi ignoriamo la natura vergine, il nostro paesaggio è ostensibilmente asservito all’uomo; a volte ci può sembrare selvaggio, ma non perché sia veramente tale, bensì perché gli scambi sono avvenuti su un ritmo più lento (come nelle foreste), o anche — nelle montagne — perché i pro-blemi erano così complessi che l’uomo, invece di dar loro una risposta sistematica, ha reagito nel corso dei secoli con numerosi tentativi di soluzioni marginali; le soluzioni d’insieme che li riassumono, mai decisamente volute o pensate come tali, gli si presentano dal di fuori con un carattere primitivo. A noi sembrano aspetti selvaggi autentici del paesaggio, mentre sono, invece, il risultato di una catena di iniziative e di decisioni inconsce.

C. Lévi-Strauss, Tristi tropici, cap. 10

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La città che emerge

La vita urbana offre uno strano contrasto. Benché essa rappresenti la forma più complessa e più raffinata della civiltà, l’eccezionale concentrazione umana che realizza su un piccolo spazio e la durata del suo ciclo fanno sì che nel suo crogiolo precipitino attitudini inconsce, ognuna infinitesimale, ma che, secondo il numero di individui che le manifestano allo stesso titolo e nella stessa maniera possono grandi effetti. Tale è l’espandersi delle città da oriente verso occidente, e il polarizzarsi del lusso e della miseria secondo questo asse, fenomeno incomprensibile se non si riconosce questo privilegio, o questa schiavitù, delle città che, come un microscopio e grazie all’espandersi che è loro proprio, fa sorgere sul filo della coscienza collettiva il brulichio microbico delle nostre ancestrali e sempre vive superstizioni.

C. Lévi-Strauss, Tristi tropici, cap. 13

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Misteriose polarizzazioni urbane

Infine, bisogna tener conto degli elementi misteriosi che operano in tante città, facendole sviluppare in direzione di ponente, e condannando così i loro quartieri orientali alla miseria e alla decadenza; espressione elementare, forse, di quel ritmo cosmico che, dalle sue origini, ha pervaso l’umanità con la convinzione inconscia che il senso del movimento solare sia positivo, il senso inverso negativo; che l’uno traduca l’ordine, l’altro il disordine. Da tempo, infatti, non adoriamo più il sole e abbiamo smesso di attribuire ai punti cardinali qualità magiche, colori e virtù. Ma per quanto il nostro spirito euclideo sia diventato ribelle alla concezione qualitativa dello spazio, non possiamo impedire che i grandi fenomeni astronomici, o anche soltanto meteorologici, influiscano sulle diverse zone della terra con un coefficiente impercettibile ma indelebile; non possiamo impedire che, per ogni uomo, la direzione est-ovest sia quella del compimento; e che per l’abitante delle regioni temperate dell’emisfero australe il Nord sia la sede del freddo e della notte, il Sud quelLa del calore e della luce.

C. Lévi-Strauss, Tristi tropici, cap. 13

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Dubbi moderni

Ma cosa sappiamo noi dell’acqua? Positivisti come siamo diventati, ci pare assurdo che l’acqua possa contenere informazioni su elementi o sostanze che nell’acqua ci sono state, ma non ci sono più. Sappiamo forse qualcosa su ciò che un evento lascia nel luogo in cui è avvenuto? Su quel che le cose, le sostanze o le molecole di quelle sostanze possono comunicare?

T. Terzani, Un altro giro di giostra, cap. 4

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