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Einstein o Shakespeare?

Preferireste essere Einstein o Shakespeare? Non so quale dei due geni sia più grande. Io, titubante, arrivo a pensare che abbiamo bisogno sia della scienza sia della storia per dare un senso a un universo dove noi agenti, parte di questo universo, ce la caviamo grazie al nostro saper fare incarnato, guadagnando il nostro momento di gloria sulla scena.

Stuart Kauffman, Esplorazioni evolutive, pag. 156.

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Mente

La mente umana, come una nave fantasma, continua a veleggiare libera dai suoi ormeggi dove vuole, e lo fa perché è non algoritmica. Questa libertà fa parte della creatività nell’universo, la nostra creatività di esseri umani.

Stuart Kauffman, Reinventare il sacro, pag. 196.

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Umani

Siamo oltre il riduzionismo: vita, agency, significato, valore e persino la coscienza e la moralità quasi certamente sono nati naturalmente, e l’evoluzione della biosfera, dell’economia e della cultura umana sono incredibilmente creative, spesso in modo non prevedibile. Anzi, sembrano parzialmente senza legge. Quest’ultima sfida alla scienza attuale è radicale. Essa si scontra con quasi quattrocento anni di convinzione che le leggi naturali siano sufficienti a spiegare ciò che è reale, ovunque nell’universo; una concezione che ho chiamato incantesimo galileiano. La nuova idea dell’emergenza e dell’incessante creatività oltre la legge naturale è davvero una nuova concezione scientifica del mondo in cui la scienza stessa ha dei limiti. Ed è stata proprio quest’ultima ad averli scoperti: una parziale anarchia, che non è abisso, ma libertà e creatività ineguagliate. Possiamo comprendere la biosfera, l’evoluzione economica e la cultura solo retroattivamente, da una prospettiva storica. Eppure dobbiamo vivere la nostra vita verso il futuro, dentro ciò che è conoscibile solo in parte. Allora, poiché la ragione è una guida insufficiente, dovremo riunificare la nostra umanità. E in questo caso dobbiamo davvero reinventare il sacro per essere noi a guidare la nostra vita sulla base dei valori definitivi che sceglieremo. Finalmente, dobbiamo essere responsabili di noi stessi, della nostra vita, delle azioni, dei valori, delle civiltà, della civiltà globale.

Stuart Kauffman, Reinventare il sacro, pag. 293.

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Divenendo

L’universo nel suo continuo divenire è più ricco di tutti i nostri sogni.

Stuart Kauffman, Esplorazioni evolutive, pag. 183.

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La creatività

La creatività non è infatti una ricerca della comprensione, del perché e del come del mondo, e ogni scoperta non ci permette forse di strappare un lembo al sudario della morte? E questo non è forse il modo per capire che colui che si « guadagna » la vita senza di lei, la perde?

H. Laborit, Elogio della fuga, 41

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Educazione alla creatività

L’educazione alla creatività esige innanzi tutto l’ammissione che non vi sono certezze o almeno che esse sono sempre temporanee, efficaci a un dato istante dell’evoluzione, ma che si devono continuamente riscoprire col solo scopo di abbandonarle appena si sia potuto dimostrare il loro valore operativo. L’educazione che ho chiamato « relativista » mi sembra l’unica degna del cucciolo dell’Uomo. Certo non è «proficua» sul piano della promozione sociale, ma Rimbaud, Van Gogh o Einstein, per citare solo alcuni che oggi vengono riconosciuti geniali, hanno mai mirato alla promozione sociale? Questa educazione favorirebbe lo sviluppo dell’individualità, e ciò andrebbe a tutto vantaggio della collettività che sarebbe così formata da individui senza uniforme. Penso anche che solo questa educazione potrebbe portare alla tolleranza, perché intolleranza e settarismo sono sempre dovuti all’ignoranza e alla sottomissione incondizionata agli automatismi più primitivi, elevati al rango di etiche, di valori eterni e indiscutibili.

H. Laborit, Elogio della fuga, 56

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Donare

È necessario diventare l’individuo più colto, più geniale, più interessante, più versatile e più creativo del mondo perché allora si potrà donare tutto questo; e l’unica ragione per avere qualcosa è donarla.

L. Buscaglia, vivere amare capirsi, cap 1

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Educazione alla creatività.

L’educazione alla creatività esige innanzitutto l’ammissione che non vi sono certezze o almeno che esse sono sempre temporanee, efficaci a un dato istante dell’evoluzione, ma che si devono continuamente riscoprire col solo scopo di abbandonarle appena si sia potuto dimostrare il loro valore operativo. L’educazione che ho chiamato “relativista” mi sembra l’unica degna del cucciolo dell’Uomo. Certo, non è “proficua” sul piano della promozione sociale, ma Rimbaud, Van Gogh o Einstein, per citare solo alcuni che oggi vengono riconosciuti geniali, hanno mai mirato alla promozione sociale? Questa educazione favorirebbe lo sviluppo dell’individualità, e ciò andrebbe a tutto vantaggio della collettività che sarebbe così formata da individui senza uniforme. Penso anche che solo quest’educazione potrebbe portare alla tolleranza, perché l’intolleranza e il settarismo sono sempre dovuti all’ignoranza e alla sottomissione incondizionata agli automatismi più primitivi, elevati al rango di etiche, di valori eterni e indiscutibili.

H. Laborit, Elogio della fuga – pag. 56

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