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la conquista della scrittura

Se si vuol mettere in relazione l’apparire della scrittura con certi tratti caratteristici della civiltà, bisogna cercare in un’altra direzione. Il solo fenomeno che l’abbia fedelmente accompagnata è la formazione delle città e degli imperi, cioè l’integrazione in un sistema politico di un numero considerevole di individui e la loro gerarchizzazione in caste e in classi. Tale è, in ogni caso, l’evoluzione tipica alla quale si assiste, dall’Egitto fino alla Cina, nel momento in cui la scrittura fa la sua apparizione: essa sembra favorire lo sfruttamento degli uomini prima di illuminarli. Questo sfruttamento, che permetteva di raccogliere migliaia di lavoratori per costringerli a compiti estenuanti, meglio della relazione diretta considerata testé. Se la mia ipotesi è esatta, bisogna ammettere che la funzione primaria della comunicazione scritta è di facilitare l’asservimento. L’impiego della scrittura a fini disinteressati, in vista di trarne soddisfazioni intellettuali ed estetiche, è un risultato secondario, se pure non si riduce più spesso a un mezzo per rafforzare, giustificare e dissimulare l’altro.

C. Lévi-Strauss, Tristi tropici, 252

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Nella luce di Epicuro

Tu scorgesti per primo in questo buio profondo 
quella traccia di luce che indicava la strada: 
voglio seguirti ancora, grande gloria dei Greci, 
procedendo nell’orma che il tuo piede ha lasciato. 
Io non posso emularti, ma l’amore mi spinge 
solamente a imitarti: come vuoi che un rondone 
si paragoni ad un cigno? E potrebbe un capretto 
dalle zampe tremanti atteggiarsi a destriero? 
Tu ci hai anche lasciato, con i tuoi insegnamenti, 
molti saggi precetti: ora io voglio volare 
sopra i tuoi scritti, Maestro, come fanno le api 
sui bei fiori dei prati, per estrarne una scienza 
che é preziosa per noi e che credo sia eterna. 
Da quando, per il tuo genio, noi potemmo scoprire 
la natura reale di ogni cosa che esiste 
il terrore è svanito, le mura sono crollate, 
noi possiamo scrutare questo immenso universo. 
Vediamo anche gli déi, nelle loro dimore 
che resistono al vento e le nubi non scuotono 
con i loro piovaschi, né la gelida neve 
le ricopre di bianco: un cielo sempre sereno 
le sovrasta e rallegra con un roseo chiarore. 
La natura provvede a tutto quello che occorre, 
niente riesce a turbare quella pace divina: 
lì non ci si tormenta per il nero Acheronte 
né la terra impedisce di guardare al di sotto 
ciò che vive e si compie nello spazio infinito. 
Tutto questo mi dona una gioia profonda 
e dolcemente io tremo quando, grazie al tuo genio, 
posso anch’io riconoscere la natura di tutto. 

Lucrezio, de rerum natura, III,1

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Il potere della poesia

Allora, la poesia è puro piacere? Solo stupore e sorpresa? Assolutamente no. La poesia sublime, come la sublime letteratura, è una lente attraverso cui vedere noi stessi, la nostra vita, il nostro mondo. Essa ci mostra la verità.

Stuart Kauffman, Reinventare il sacro, pag. 261.

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Kup manduk, la rana del pozzo

Un giorno, nel piccolo pozzo in cui una rana è vissuta tutta la sua vita, salta una rana che dice di venire dall’oceano.
«L’oceano? E cos’è?» chiede la rana del pozzo.
«Un posto grande, grandissimo », dice la nuova arrivata.
«Grande come?»
«Molto, molto grande. »
La rana del pozzo traccia con la zampa un piccolo cerchio sulla superficie dell’acqua:
«Grande così?»
«No. Molto più grande. »
La rana traccia un cerchio più largo.
«Grande così? »
«No. Più grande. »
La rana allora fa un cerchio grande quanto tutto il pozzo che è il mondo da lei conosciuto.
« Così? »
«No. Molto, molto più grande », dice la rana venuta dall’oceano.
« Bugiarda! » urla kup manduk, la rana del pozzo, all’altra. E non le parla più.

Storiella indiana, cit. T. Terzani, Un altro giro di giostra, 158

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Incipit, de rerum natura

So quello che il Greco scoprì, ma non è facile esporlo
in chiari versi latini: per tante oscure scoperte
di cui occorre parlare molte parole mi mancano
per la povertà della lingua e gli argomenti inusuali.
Ma per te, Memmio, e il piacere di esserti amico,
affronto questa fatica, per cui nelle notti serene
io resterò a vegliare pensando alle giuste parole
e ai versi capaci di darti con dolce chiarezza
tutti i lumi che occorrono perché tu riesca a scoprire,
traendolo fuori dal buio, il mondo della natura.

Lucrezio, de rerum natura, Libro I, 136

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Storie

Con l’andare del tempo, i piccoli tasselli di conoscenza relativi ad una regione si accumulano tra i residenti locali sotto forma di storie. Queste vengono ricordate dalla comunità; ciò che è insolito non va perduto. Tali racconti esprimono per un indigeno una visione complessa e a lungo termine d’un particolare paesaggio. E le storie vengono corroborate quotidianamente, così come vengono elaborate dai membri della comunità che viaggiano tra quanto è veramente noto e quanto è soltanto immaginato o insospettato. Al di fuori della regione è difficile incontrare questa “realtà” complessa ma facilmente comunicata senza ridurla a generalità, ad astrazioni fuorvianti o imprecise.

Barry Lopez, Sogni artici, pag. 269.

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Dalle montagne

Nelle pareti di Axel Heiberg trovavo ciò che avevo saputo delle montagne quand’ero bambino: che da esse proveniva una conoscenza ricevuta, per la quale non esistevano parole ma solo, vagamente, preghiere. In quel momento mi sentivo soffuso da ciò che amavo come uomo, l’amore per i genitori, la moglie, i figli e gli amici.

Barry Lopez, Sogni artici, pag. 386.

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La conoscenza per via dell’arte

Se i pesci, come l’esteta, distinguono i profumi in chiari e scuri, e se le api classificano le intensità luminose in termini di peso — l’oscurità essendo per loro pesante e il chiarore leggero — l’opera del pittore, del poeta e del musicista, i miti e i simboli del selvaggio ci devono apparire, se non come una forma superiore di conoscenza, almeno come la più fondamentale, la sola veramente comune, di cui il pensiero scientifico costituisce soltanto la punta acuminata, più penetrante perché affilata sulla pietra dei fatti (sia pure a prezzo di una perdita di sostanza), la cui efficacia sta nel suo potere di incidere in profondità, affinché la massa del congegno possa entrare completamente.

C. Lévi-Strauss, Tristi tropici, cap. 13

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Lezione di epistemologia

Il mondo in cui uno si alza al mattino è fatto di montagne, di onde che sbattono spumeggiando contro le scogliere, di prati dove l’erba è verde, di uccelli coi loro gridi, di animali coi loro richiami e di tanti, tanti uomini con le loro vite. E che fanno i poveri scienziati dinanzi a tutto questo? Misurano, soppesano, scoprono delle leggi, analizzano i vari aspetti delle varie manifestazioni del mondo, e di ognuna spiegano tutto, senza però alla fine spiegare nulla. E comunque prendono in considerazione solo ciò che è ovvio, semplice, ciò che viene percepito dai sensi, senza potersi occupare delle emozioni, dei sentimenti, di ciò che impercettibilmente cambia la vita di ciascuno di noi, come l’amore, o cambia il mondo di tutti, come l’ingordigia.

T. Terzani, Un altro giro di giostra, cap. 3

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La scienza del Mullah Nasruddin

Guardare la realtà solo attraverso la lente della scienza è fare come l’ubriaco di Mullah Nasruddin, il mistico, mitico protagonista di tante belle, ironiche storie, originariamente mediorientali, ma ormai entrate a far parte della cultura popolare asiatica. L’uomo, dopo aver passato la serata a bere con gli amici, si accorge rientrando di aver perso la chiave di casa e si mette a cercarla nel fascio di luce dell’unico lampione lungo la strada. «Perché proprio lì? » gli chiede un passante. «Perché è l’unico posto in cui riesco a vedere qualcosa », risponde l’ubriaco.

T. Terzani, Un altro giro di giostra, cap. 3

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