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Clima da dopoguerra

Era una generazione non soltanto ferita ma anche malata e che aveva rimosso il suo trauma in una chiassosa ricostruzione. I fatti scomparivano negli stereotipi: Hitler, il criminale. La lingua subiva l’aperta violenza non solo degli autori dei crimini, ma anche di chi parlando di sé diceva ce la siamo cavata anche stavolta. In questo modo ghermivano per sé un ruolo di vittime. 

U.Timm, Come mio fratello, 95

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Dopoguerra in Germania

Era una generazione non soltanto ferita ma anche malata e che aveva rimosso il suo trauma in una chiassosa ricostruzione. I fatti scomparivano negli stereotipi: Hitler, il criminale. La lingua subiva l’aperta violenza non solo degli autori dei crimini, ma anche di chi parlando di sé diceva ce la siamo cavata anche stavolta. In questo modo ghermivano per sé un ruolo di vittime. 

U.Timm, Come mio fratello, 95

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La degradazione dei padri

Colonne di automezzi si spingevano attraverso la città, jeep, camion, blindati, mentre i soldati tedeschi prigionieri avanzavano stracciati. La grande disponibilità ad accogliere le forme di vita americane, il cinema, la letteratura, la musica, l’abbigliamento, quella marcia trionfale veniva dal fatto che i padri non avevano capitolato solo militarmente, ma avevano capitolato anche con il loro sistema di valori e il loro stile di vita. Gli adulti sembravano ridicoli, già all’epoca in cui il bambino non era ancora in grado di trovare per questo una motivazione concettuale, ma si avvertiva – quella degradazione dei padri. C’era l’obbligo del saluto. Gli uomini dovevano togliersi il cappello davanti alle truppe di occupazione inglesi, davanti ai vincitori. Il bambino osservava gli adulti, donne comprese, che si piegavano a raccogliere i mozziconi gettati a terra dai GI. 

U. Timm, Come mio fratello, 62

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Norimberga

Con grande sorpresa degli ufficiali americani che li interrogavano quegli uomini non erano bruti primitivi ma persone con una cultura letteraria, filosofica e musicale, uomini – si vorrebbe che non fosse possibile – i quali ascoltavano Mozart e leggevano Hölderlin. Erano pienamente consapevoli dei loro crimini e perciò si erano preoccupati di nascondere quelli che avevano fatto.

U. Timm, Come mio fratello, 55

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Il desiderio del padre

Cosa sarebbe successo se. Una domanda assolutamente superflua e rivolta sempre anche a chi la fa, in che misura le cose gli sembrano mutabili, esposte all’intervento dell’agire razionale. Anche se mia madre non ha mai mosso un rimprovero a mio padre. Vale a dire che si era davvero arruolato volontariamente, non l’aveva convinto il padre. Ma non ce n’era stato bisogno. Era stata solo la realizzazione silenziosa di quel che il padre desiderava, in sintonia con la società.

U. Timm, Come mio fratello, 53

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Tutte quelle biforcazioni

La storia fa il suo ingresso quando lo spazio del possibile che avrebbe potuto essere esplorato è più grande, o immensamente più grande, di ciò che si è realizzato perfettamente. Proprio perché il reale della biosfera è così minuscolo, se comparato a quello che avrebbe potuto verificarsi negli ultimi quattro miliardi e ottocento milioni di anni, e poiché gli agenti autonomi possono evolversi attraverso variazioni ereditabili che inducono la propagazione di accidenti congelati nelle linee di discendenza, la biosfera è profondamente dipendente dalla storia.

Stuart Kauffman, Esplorazioni evolutive, pag. 198.

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Una storia sconosciuta

Ci rimane forse da correggere un secondo errore, che consiste nel pensare che l’America sia rimasta per ventimila anni tagliata fuori dal mondo intero, come lo era stata dall’Europa occidentale. Tutto fa pensare piuttosto che al silenzio atlantico rispondesse, su tutto il contorno del Pacifico, un ronzio di alveare.

C. Lévi-Strauss, Tristi tropici, 213

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Come un ronzio di alveare

È difficile capire le origini delle civiltà americane senza ammettere l’ipotesi di una attività intensa, su tutte le coste del Pacifico — asiatico o americano — che si propagava di zona in zona, grazie alla navigazione costiera; e tutto ciò per diversi millenni. Noi rifiutavamo un tempo la dimensione storica all’America precolombiana, perché l’America postcolombiana ne era stata privata. Ci rimane forse da correggere un secondo errore, che consiste nel pensare che l’America sia rimasta per ventimila anni tagliata fuori dal mondo intero, come lo era stata dall’Europa occidentale. Tutto fa pensare piuttosto che al grande silenzio atlantico rispondesse, su tutto il contorno del Pacifico, un ronzio di alveare.

C. Lévi-Strauss, Tristi tropici, 213

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Il tempo

Congiunto è ciò che non può separarsi o dividersi
da un corpo qualsiasi senza causarne la fine:
la pietra che pesa, il fuoco che arde, l’acqua che scorre
ciò che possiamo toccare ed il vuoto intangibile.
Invece l’essere servi, la povertà e la ricchezza
la libertà, la concordia e la guerra, ed ogni altra cosa
di cui l’avvento o il distacco non mutino in niente
la sostanza dei corpi noi li chiamiamo “accidenti”.
Anche il tempo lo è. E solo quel che consegue
dalle cose che accaddero in un lontano passato,
stanno accadendo adesso o accadranno in futuro.

Lucrezio, De rerum natura, I-451

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Di città in città

Dopo quattro o cinquemila anni di storia ci piace immaginare che un ciclo si sia concluso; che la civiltà urbana, industriale e borghese, inaugurata dalle città dell’Indo, non fosse così diversa nella sua ispirazione profonda da quella che, dopo una lunga involuzione nella crisalide europea, avrebbe raggiunto la pienezza dall’altro lato dell’Atlantico. Quando era ancora giovane, il mondo antico abbozzava già il volto del Nuovo.

C. Lévi-Strauss, Tristi tropici, 14

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