Archivi del mese: settembre 2013

Speranza

Nella mia vita
ho amato, cuore e anima,
luci e ombre della terra.
Questo amore senza fine
ha fatto udire
la voce della speranza
nell’azzurro del cielo.
E rimarrà nella felicità
e nel dolore più profondo,
rimarrà in ogni gemma
e in ogni fiore,
nelle notti primaverili ed estive.
Ha messo l’anello di nozze
alla mano del futuro.

R. Tagore, da Sfulingo

Lascia un commento

Archiviato in Poesia

Pioggia

Venite, o nubi, piene d’acqua
e cariche di pioggia,
portate il vostro cupo amore
sulla terra.
Venite a baciare le cime dei monti
a coprire d’ombre i giardini;
con grande frastuono
venite a coprire il cielo.

Geme la foresta
e trema il fiore,
cariche di pianto traboccano
le sponde del fiume.
Venite a riempire il cuore,
venite a spegnere la sete,
venite a rasserenare le pupille,
venite a placare l’animo.

R. Tagore, da Gitanjali

Lascia un commento

Archiviato in Poesia

Memorie

Come mi angoscia pensare allo sfolgorio delle tue gambe
distese come ferme e dure acque solari,
alla rondine che dorme e vola nei tuoi occhi,
al cane di furia che alberghi nel cuore,
così vedo anche quanta morte c’è tra noi due da quest’ora
e respiro nell’aria cenere e distruzione,
il lungo, solitario spazio che mi circonda per sempre.

Darei questo vento del mare smisurato per il tuo brusco respiro,
che ho udito in lunghe notti senza oblio
congiungersi all’aria come la sferza al cavallo.
E per udirti orinare, nel buio, dal fondo della casa,
come versassi un miele sottile, tremulo, argentino, ostinato,
quante volte darei questo coro d’ombre che è mio,
e il rumore d’inutili spade che mi sferraglia nel petto
e la solitaria colomba di sangue che sta sulla mia fronte
a invocare cose scomparse, esseri scomparsi,
sostanze stranamente inseparabili e perdute.

P. Neruda, da Tango del vedovo

Lascia un commento

Archiviato in Poesia

L’ora senza nome

Finiva il giorno e era l’ora di cui non voglio parlare, l’ora senza nome, quando i rumori della sera salivano da tutti i piani della prigione in un corteo di silenzio.

A. Camus, Lo straniero, parte II, 2

Lascia un commento

Archiviato in Letteratura

La rosa addomesticata

Così il piccolo principe addomesticò la volpe. E quando l’ora della partenza fu vicina:
«Ah!» disse la volpe, «… piangerò».
«La colpa è tua», disse il piccolo principe, «io non ti volevo far del male, ma tu hai voluto che ti addomesticassi…»
«È vero», disse la volpe.
«Ma piangerail» disse il piccolo principe.
«È certo», disse la volpe.
«Ma allora che ci guadagni?»
«Ci guadagno», disse la volpe, «il colore del grano».
Poi soggiunse:
«Va’ a rivedere le rose. Capirai che la tua è unica al mondo.
«Quando ritornerai a dirmi addio, ti regalerò un segreto».
Il piccolo principe se ne andò a rivedere le rose.
«Voi non siete per niente simili alla mia rosa, voi non siete ancora niente», disse. «Nessuno vi ha addomesticato, e Voi non avete addomesticato nessuno. Voi siete come era la mia volpe. Non era che una volpe uguale a centomila altre. Ma ne ho fatto il mio amico ed ora è per me unica al mondo».
E le rose erano a disagio.
«Voi siete belle, ma siete vuote», disse ancora.
«Non si può morire per voi. Certamente, un qualsiasi passante crederebbe che la mia rosa vi rassomigli, ma lei, lei sola, è più importante di tutte voi, perché è lei che ho innaffiata. Perché è lei che ho messa sotto la campana di vetro. Perché è lei che ho riparata col paravento. Perché su di lei ho ucciso i bruchi (salvo i due o tre per le farfalle). Perché è lei che ho ascoltato lamentarsi o vantarsi, o anche qualche volta tacere. Perché è la mia rosa».
E ritornò dalla volpe.
«Addio». disse.

A. De Saint-Exupéry, Il piccolo principe, XXI

Lascia un commento

Archiviato in Letteratura

Maligna

Maligna, in verità, com’è grande la notte, com’è sola la terra!
Sono tornato di nuovo nelle camere solitarie,
mangio nei ristoranti pietanze raffreddate, e di nuovo
butto per terra i pantaloni e le camicie,
non ho attaccapanni nella stanza né ritratti alle pareti.
Quant’ombra, di quella che albergo in cuore, darei per riaverti,
e quanto minacciosi mi sembrano i nomi dei mesi
e che suono di lugubre tamburo ha la parola inverno!

P. Neruda, da Tango del vedovo

Lascia un commento

Archiviato in Poesia

Tramonto IV

Alle 17.45 precise si era delineata la prima fase. Il sole era già basso ma non toccava ancora l’orizzonte. Quando comparve al di sotto dell’edificio di nuvole, sembrò spaccarsi come un giallo d’uovo e macchiare di luce le forme che ancora raggiungeva. Questa effusione di luce fu presto seguita da un oscuramento; i contorni divennero opachi, e, nel vuoto fra il limite superiore dell’oceano e quello inferiore delle nuvole, apparve una cordigliera di vapori, fin allora abbagliante e inguardabile, adesso dentellata e oscura. Nello stesso tempo, da piatta in origine, divenne voluminosa, e cominciò a muoversi in pigra migrazione, attraverso una larga zona rosseggiante che – rinnovando la fase dei colori – risaliva lentamente dall’orizzonte verso il cielo.

C. Lévi-Strauss, Tristi tropici, cap. 7

Lascia un commento

Archiviato in Letteratura

Segnata

«Povera bambina!» disse guardando l’angolo della panchina. «Tornerà in sé, piangerà un poco, poi sua madre verrà a saperlo… Prima la picchierà, poi la frusterà, provocandole dolore e vergogna; e poi, forse, la butterà fuori di casa… E se anche non lo farà, le Dàrje Fràncovne verranno a saperlo ugualmente, e la mia bambina comincerà ad andare e venire da un posto all’altro… Poi, dopo un po’, l’ospedale: accade sempre così a quelle che vivono con madri molto oneste, e fanno le loro scappatelle di nascosto… E poi… poi di nuovo l’ospedale. Il vino… le bettole… e ancora l’ospedale… Dopo due, tre anni sarà un rudere, e in tutto avrà avuto diciotto o diciannove anni da vivere… Non ne ho forse viste altre? E come avevano fatto a diventare così? Tutte né più né meno che in questa maniera… Puah! E sia! Così dev’essere, dicono. Una certa percentuale, dicono, deve andarsene ogni anno… chissà dove, poi… al diavolo, probabilmente, per dar sollievo a quelli che restano e non esser loro d’impaccio. Una percentuale! Graziose, davvero, queste loro parolette: cos riposanti, così scientifiche. Una percentuale, si è detto
dunque non è il caso di preoccuparsi. Se fosse un’altra parola, be’, allora… magari sarebbe più inquietante.. E se anche Dùnecka, un giorno o l’altro, finisse nella percentuale?… Se non in questa, in un’altra?…

F. M. Dostoevskij, Delitto e castigo, parte I,4

Lascia un commento

Archiviato in Letteratura

Vite programmate

R.D. Laing, uno psichiatra che cito molto spesso, ha detto: «Fin dal momento della nascita, tu vieni programmato per diventare un essere umano, ma sempre secondo la definizione della tua cultura e dei tuoi genitori e dei tuoi educatori». E la cosa più orribile è che ci lasciamo agganciare da questo programma, e incominciamo a identificarlo con noi. Sul nostro io si ammucchiano migliaia e migliaia di cose che in realtà non sono noi, ma appartengono alle nostre famiglie, alla nostra cultura, ai nostri amici e così via. Le prendiamo con noi, e allora diventano noi, e noi siamo disposti a morire per difendere quel «noi» e diventiamo apatici per non affrontare la sfida di un nuovo io.

L. Buscaglia, Vivere amare capirsi,

4 commenti

Archiviato in Psicologia

Tu sola

Dicono che la mia
sia una poesia d’inappartenenza.
Ma s’era tua era di qualcuno:
di te che non sei più forma, ma essenza.
Dicono che la poesia al suo culmine
magnifica il Tutto in fuga,
negano che la testuggine
sia più veloce del fulmine.
Tu sola sapevi che il moto
non è diverso dalla stasi,
che il vuoto è il pieno e il sereno
è la più diffusa delle nubi.
Così meglio intendo il tuo lungo viaggio
imprigionata tra le bende e i gessi.
Eppure non mi dà riposo
sapere che in uno o in due noi siamo una sola cosa.

E. Montale, Xenia I, 14

Lascia un commento

Archiviato in Poesia