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Conversioni

La disposizione circolare delle capanne attorno alla casa degli uomini è di una tale importanza per quanto concerne la vita sociale e la pratica del culto, che i missionari salesiani della regione del Rio das Garças hanno capito subito che il mezzo più sicuro per convertire i bororo consisteva nel far loro abbandonare il villaggio per un altro in cui le case fossero disposte in ranghi paralleli. Disorientati in rapporto ai punti cardinali, privati del piano sul quale si basavano tutte le loro nozioni, gli indigeni perdono rapidamente il senso delle tradizioni, come se i loro sistemi sociali e religiosi (che, vedremo in seguito, sono indissociabili) fossero troppo complicati per poter fare a meno dello schema reso evidente dalla pianta del villaggio, la cui fisionomia è perpetuamente vivificata dalle loro azioni quotidiane.

C. Lévi-Strauss, Tristi tropici, 22

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Vergogna delle proprie radici

Ti detestai, Spoon River. Tentai d’innalzarmi al disopra di te.
Mi vergognai dite, Ti disprezzai
come luogo della mia nascita.
E là a Roma, in mezzo agli artisti,
parlando italiano, parlando francese,
mi parve talvolta di essermi liberato
di ogni traccia della mia origine.
Mi parve di raggiunger le vette dell’arte
e respirare l’aria che respiravano i maestri,
e vedere il mondo coi loro occhi.
Ma essi davano un’occhiata e dicevano:
« A che mirate, amico mio?
Qualche volta la faccia sembra quella di Apollo, altre volte ha un poco l’aria di Lincoln ».
Non c’era cultura, capite, a Spoon River,
e io bruciavo di vergogna e stavo zitto.
Ma che potevo fare, tutto intriso
e oppresso di terriccio occidentale,
se non aspirare, e chiedere di nascere
un’altra volta, e che tutta Spoon River
mi fosse strappata dall’anima?

E. Lee Masters, Archibald Higbie

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Il sacro per tutti i popoli

Poiché il mondo diventa sempre più piccolo, un numero crescente di culture e di civiltà viene a stretto contatto. Non stupisce allora che, come ha scritto Huntington, nel mondo post-guerra fredda stia avvenendo uno scontro tra civiltà: occidentale, islamica, turca, confuciana, russa, persiana, indù e giapponese; alcune moderne e altre antiche. E nemmeno sorprende che le nostre identità risiedano sempre più in queste civiltà e spesso nella loro eredità religiosa. Come non sorprende che le frontiere delimitanti queste civiltà siano luoghi di guerra. Se non possiamo trovare un terreno comune più velocemente dell’emergenza dei fondamentalismi risultanti, allora dovremmo temere nuovi focolai di guerra. Il compito di trovare uno spazio spirituale, etico e morale comune che si diffonda sul pianeta non potrebbe essere più urgente.

Stuart Kauffman, Reinventare il sacro, pag. 290.

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Aquila in gabbia

Quando entrai nella segheria, parlai agli indiani li presenti nella loro lingua, e loro mi si affollarono subito intorno. Molti erano splendidi rappresentanti della razza, ma Hektliohlh, che non era il più alto, spiccava su tutti per figura e portamento. Erano tutti «decentemente vestiti» con abiti smessi e logori, di diverse taglie più piccoli del dovuto. Mentre li guardavo non potei evitare di immaginarmeli dritti in piedi, nei loro luoghi natii, alteri e coperti di pitture, armati d’arco e frecce e abbigliati come un tempo, con i tradizionali goöchilh, oli e jamni (copricapi, mantelli e mocassini).
Alcuni mi conoscevano di vista e molti altri per sentito dire. Purtroppo i lavori si erano interrotti e, notando che i fratelli laici si stavano infastidendo per la pausa imprevista, dovetti ritirarmi. Più tardi, tuttavia, quando il turno fini potei scambiare qualche parola con Hektliohlli. Dopo essere fuggito da Ushuaia era stato nuovamente catturato, questa volta da alcuni coloni che lo avevano consegnato alla Missione salesiana. Non sembrava avere motivo di lamentarsi per come lo trattavano ma era terribilmente abbattuto dalla prigionia. Rivolgendo uno sguardo struggente ai monti lontani della sua terra natia disse: – Shouwe t-maten ya («La nostalgia mi sta uccidendo»). E fu proprio cosi, perché non sopravvisse a lungo. La libertà è un bene prezioso per l’uomo bianco: per gli indomiti abitanti delle foreste è una necessità assoluta.

E.L. Bridges, Ultimo confine del mondo, XXIX

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Donne e sangue

Kankoat non era nel gruppo al momento del massacro, e Tininisk non aveva preso parte agli omicidi, ma non c’è dubbio che era stato lui il traditore. Se fosse stato possibile chiedere a questi uomini delle montagne perché avevano ucciso degli amici che si fidavano di loro, avrebbero risposto semplicemente: – Perché non avremmo dovuto? Non erano della nostra gente e volevamo le loro mogli.
Le numerose vedove si erano tagliate i capelli in segno di lutto ma seppure funerali e nozze non vennero celebrati assieme, non ci fu che un breve intervallo di tempo tra i primi e le seconde. Le donne di una banda sconfitta in una di queste cruente razzie avrebbero dimostrato ben poca saggezza se si fossero rifiutate di seguire i nuovi mariti, che avevano ancora «il sangue negli occhi». La paura sarebbe presto passata; le prigioniere erano corteggiate e trattate con ogni riguardo per evitare che fuggissero.

E. L. Bridges, Ultimo confine del mondo, XXIII

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Che cosa sono alla fine

Che cosa sono, alla fine, se non un bambino compiaciuto del suono del suo nome? e lo ripete, e lo ripete;
Sto a lungo ad ascoltarlo — non me ne stanco mai.

Anche per te, il tuo nome;
Credevi che il suono del tuo nome si potesse pronunziare soltanto in due o tre modi?

W. Whitman, Che cosa sono, alla fine

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Identità

Erodoto, infatti, va alla scoperta dei suoi mondi con l’entusiasmo e la passione di un bambino. La sua scoperta principale è che i mondi sono molti e tutti diversi. Che sono tutti importanti e che bisogna conoscerli, poiché le altre culture sono specchi che riflettono la nostra, permettendoci di capire meglio noi stessi. È impossibile definire la propria identità finché non la si è confrontata con le altre.

Ryszard Kapuscinski, In viaggio con Erodoto, pag. 242.

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Nomi di animali

Esiste una magia delle parole; chi per un anno è stato conosciuto da tutti col nome di un animale finisce per sentircisi legato, per riconoscersi in esso. Gli sembra strano, tornando in Europa, che nessuno se ne renda conto.

K. Blixen, La mia Africa, parte II,2

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La barba di Adam

Che cos’era la mia barba? Una bandiera o un simbolo, come per dire: non potete incolonnarmi cosí facilmente, dare di me una semplice definizione – ho anch’io i miei sogni, ho degli altri orizzonti, ho le mie stramberie, magari anche misteri. Comunque sono una persona complicata.

A. B. Yehoshua, L’amante, parte 4a,92

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