e lei non può restare qui seduta sul bordo, dentro la casetta, perlomeno si sieda bene, pensa Oline, e no, mica può restare seduta così senza nemmeno tirare su le gonne, anche se Io sa che qualcosa di piccolo nelle mutande ormai ci è già arrivato, non può stare così lo stesso, pensa Oline, adesso deve prepararsi e sistemarsi come si deve sulla latrina, sì, ché mica può stare così seduta a guardare gli scarabocchi che ha fatto una volta Lars e quel pesce li che penzola e non dovrebbe stare lì appeso, bensì in cucina sul ripiano, senza le viscere e ben pulito in acqua fresca, e invece il pesce è lì appeso alla porta e poi gli occhioni di questo pesce! Oh come la fissano questi occhioni, rigidi e neri, senza luce la fissano gli occhi del pesce e riescono a vederla fino in fondo, sembrerebbe, pensa Oline, questi occhi di pesce le leggono l’anima dentro, fino in fondo, e nonostante ciò la loro espressione non muta, fissano uguale, vedono qualcosa, ma figurati se rivelano qualcosa di quello che vedono, no, in questo modo ti fissano, guardano e guardano, gli occhi di questo pesce, vedono, vedono e vedono, e cosa sarà mai quello che vedono? Fino in fondo, la sua anima? Cosa vedranno mai questi occhi di pesce in fondo alla sua anima? Ci vedono qualcosa? Potranno davvero vedere qualcosa giù, dentro la sua anima questi occhi di pesce? Ed è forse Lars che la guarda attraverso gli occhi del pesce senza farsi riconoscere? È Lars che da un luogo lontano lontano attraverso questi occhi di pesce neri e rigidi guarda verso di lei? Dentro di lei? Che vede nel suo profondo? Sempre che ce l’abbia un’intimità profonda? Ce l’ha un intimità profonda? O è solo esteriore quello che ha? Ma c’è davvero un’intimità dentro di lei?
J. Fosse, Melancholia, 389