Archivi del mese: febbraio 2013

Rosa Tea, suo figlio

Winfield disse. “Mamma!” e la pioggia scrosciando sul tetto coprì la sua voce. Ripetè: “Mamma!”
“Cosa c’è, cosa vuoi?”
“Guarda! Nell’angolo.”
La mamma guardò, e distinse due figure nella penombra: un uomo sdraiato sulla schiena, e accanto a lui un ragazzo seduto, che guardava i nuovi venuti con occhi spalancati. Vedendosi scoperto, il ragazzo si alzò e venne incontro alla mamma e con voce rauca le domandò: “Siete voi i padroni?”
“No, siamo venuti a ripararci dalla pioggia, abbiamo una malata, potete prestarci una coperta asciutta?”
Il ragazzo tornò nell’angolo e ne riportò una sudicia coperta che tese alla mamma.
“Grazie, disse la mamma, e accennando con la testa all’uomo sdraiato: “Che cos’ha?”
Il ragazzo rispose, con una voce rauca priva di inflessioni: “Prima era malato, ma adesso muore di fame.”
“Cosa?”
“Muore di fame. S’è preso la febbre nel cotone. Sono sei giorni che non mangia.”
La mamma si trasferì nell’angolo. L’uomo poteva avere una cinquantina d’anni, aveva la faccia smunta, gli occhi spenti e fissi. La mamma domandò al ragazzo:
“È tuo babbo?”
“Sì. Diceva che non aveva fame, oppure che aveva già mangiato, e il mangiare me lo dava a me. Adesso non ha più forza, può appena muoversi.”
La pioggia diminuì d’intensità. L’uomo mosse le labbra e la mamma si chinò e avvicinò l’orecchio e le labbra si mossero di nuovo.
“Certo,” disse la mamma. “Pensiamo noi, state tranquillo, aspettate solo finché ho asciugato mia figlia.”
Tornò da Rosa Tea. “Su, spogliati,” e tenne la coperta in modo da ripararla dalla vista. E quando Rosa Tea fu nuda, la coprì con la coperta sudicia.
Il ragazzo venne di nuovo al fianco della mamma, e spiegava: “Io non sapevo. Lui diceva sempre che aveva già mangiato e che non aveva fame. Ieri sera sono andato fuori, e ho rotto una vetrina e ho rubato del pane. Gliel’ho fatto mangiare, ma l’ha vomitato tutto, e dopo era più debole di prima. Bisognerebbe dargli del brodo o del latte. Avete denaro per comprare un po’ di latte?”
“Zitto, non ti preoccupare. In qualche modo si provvede.”
D’un tratto il ragazzo gridò: “Ma muore, vi dico! Muore di fame!”
“Zitto,” disse la mamma. Guardò il babbo e zio John, che stavano in piedi vicino all’uomo malato guardandolo con occhi impotenti. Poi guardò Rosa Tea avviluppata nella coperta, e aspettò d’incontrarne lo sguardo. Allora le due donne si lessero profondamente negli occhi, e Rosa Tea prese a respirare in fretta e affannosamente.
Poi disse: “Sì.”
La mamma sorrise: “Ero certa!” Si guardò le mani, abbandonate in grembo.
Rosa Tea bisbigliò: “Fai… fai andar via tutti?” e la mamma la rassicurò con un cenno del capo. Ora il suono della pioggia sul tetto era soltanto un fruscio. La mamma si sporse in avanti, allontanò con la mano una ciocca di capelli dalla fronte della figlia e le dette un bacio, poi si raddrizzò e ordinò: “Andate fuori un momento sotto la tettoia, voialtri, tutti.”
Ruth aprì la bocca per parlare e la mamma la zittì: “Silenzio, fuori!” Li sospinse fuori, anche il ragazzo, ed uscì anch’essa per ultima chiudendosi alle spalle la porta cigolante.
Per un minuto Rosa Tea continuò a sedere nel silenzio frusciante del fienile.
Poi si alzò faticosamente in piedi aggiustandosi la coperta attorno al corpo, si diresse a passi lenti verso l’angolo e stette qualche secondo a contemplare la faccia smunta e gli occhi fissi, allucinati. Poi lentamente si sdraiò accanto a lui. L’uomo scosse lentamente la testa in segno di rifiuto. Rosa Tea sollevò un lembo della coperta e si denudò il petto. “Su, prendete,” disse. Gli si fece più vicino e gli passò una mano sotto la testa. “Qui, qui, così…” Con la mano gli sosteneva la testa e le sue dita lo carezzavano delicatamente tra i capelli. Ella si guardava attorno, e le sue labbra sorridevano, misteriosamente.

J. Steinbeck, Furore, cap. XXX

Lascia un commento

Archiviato in Letteratura