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Lo specchio di CLS

Avrei rivissuto dunque l’esperienza degli antichi esploratori, e attraverso di essa, quel momento cruciale del pensiero moderno in cui, grazie alle grandi scoperte, una umanità che si credeva completa e perfezionata riceve all’improvviso, come una controrivelazione, l’annuncio che non era l’unica; che era soltanto una parte di un più vasto sistema e che, per conoscersi, doveva prima contemplare la sua irriconoscibile immagine in quello specchio una particella del quale, dimenticata per secoli, stava per dare a me solo il suo primo e ultimo riflesso.

C. Lévi-Strauss, Tristi tropici, 275

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Come un ronzio di alveare

È difficile capire le origini delle civiltà americane senza ammettere l’ipotesi di una attività intensa, su tutte le coste del Pacifico — asiatico o americano — che si propagava di zona in zona, grazie alla navigazione costiera; e tutto ciò per diversi millenni. Noi rifiutavamo un tempo la dimensione storica all’America precolombiana, perché l’America postcolombiana ne era stata privata. Ci rimane forse da correggere un secondo errore, che consiste nel pensare che l’America sia rimasta per ventimila anni tagliata fuori dal mondo intero, come lo era stata dall’Europa occidentale. Tutto fa pensare piuttosto che al grande silenzio atlantico rispondesse, su tutto il contorno del Pacifico, un ronzio di alveare.

C. Lévi-Strauss, Tristi tropici, 213

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L’istruzione obbligatoria

Guardiamo più vicino a noi: l’azione sistematica degli stati europei a favore dell’istruzione obbligatoria, che si svolge durante il XIX a secolo, va di pari passo con l’estensione del servizio militare e la proletarizzazione. La lotta contro l’analfabetismo si confonde così con l’intensificazione del controllo dei cittadini da parte del potere. Bisogna che tutti sappiano leggere perché il potere possa dire: a nessuno è permesso ignorare la legge.

C. Lévi-Strauss, Tristi tropici, 252

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Conversioni

La disposizione circolare delle capanne attorno alla casa degli uomini è di una tale importanza per quanto concerne la vita sociale e la pratica del culto, che i missionari salesiani della regione del Rio das Garças hanno capito subito che il mezzo più sicuro per convertire i bororo consisteva nel far loro abbandonare il villaggio per un altro in cui le case fossero disposte in ranghi paralleli. Disorientati in rapporto ai punti cardinali, privati del piano sul quale si basavano tutte le loro nozioni, gli indigeni perdono rapidamente il senso delle tradizioni, come se i loro sistemi sociali e religiosi (che, vedremo in seguito, sono indissociabili) fossero troppo complicati per poter fare a meno dello schema reso evidente dalla pianta del villaggio, la cui fisionomia è perpetuamente vivificata dalle loro azioni quotidiane.

C. Lévi-Strauss, Tristi tropici, 22

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La scomparsa dei miti

Il folletto Yohsi era di una pasta meno eterea. Somigliava a un uomo e in casa sua teneva donne e bambini. Era trasparente ma non invisibile e passando sulla neve più soffice poteva lasciare – ma non sempre – una qualche sorta di impronta. Spezzava e raccoglieva rami secchi e pezzi di legna da ardere a cui non sapeva dare fuoco. Il più delle volte appariva ai cacciatori solitari che passavano la notte accanto al falò. Quando il cacciatore dormiva, Yohsi arrivava per agitare le fiamme con il suo lungo dito medio. Quando i ciocchi ardenti si smorzavano, il cacciatore si destava di soprassalto, per trovarsi Yohsi seduto di fronte. Il folletto poteva volar via o svanire all’istante, ma anche restare li a lungo, seminando il terrore in chi gli sedeva dirimpetto. Circolavano storie di nomadi solitari trovati morti e orribilmente mutilati, evidentemente da Yohsi, nel posto che avevano scelto per passare la notte. Una volta mi trovavo in viaggio con due ona. Dopo essere scesi dai monti sul finire del giorno, ci eravamo accampati nella boscaglia vicino al livello superiore della vegetazione, quando un secco spezzarsi di rami nell’aria gelida avvisò i miei compagni della presenza di Yohsi. Erano evidentemente agitati e quando commisi la sciocchezza di farmi beffe della loro superstizione, uno dei due mi rimproverò dicendo che se fossi stato da solo e mi fossi trovato con Yohsi seduto davanti dall’altra parte del fuoco, non sarei stato cosi coraggioso. Per qualche ignota ragione il numero degli yohsi aveva subito un forte calo prima ancora dell’arrivo dell’uomo bianco, e ora si trovavano solo nelle zone piú squallide e inaccessibili del paese.

E. L. Bridges, Ultimo confine del mondo, XLII

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Di città in città

Dopo quattro o cinquemila anni di storia ci piace immaginare che un ciclo si sia concluso; che la civiltà urbana, industriale e borghese, inaugurata dalle città dell’Indo, non fosse così diversa nella sua ispirazione profonda da quella che, dopo una lunga involuzione nella crisalide europea, avrebbe raggiunto la pienezza dall’altro lato dell’Atlantico. Quando era ancora giovane, il mondo antico abbozzava già il volto del Nuovo.

C. Lévi-Strauss, Tristi tropici, 14

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Aquila in gabbia

Quando entrai nella segheria, parlai agli indiani li presenti nella loro lingua, e loro mi si affollarono subito intorno. Molti erano splendidi rappresentanti della razza, ma Hektliohlh, che non era il più alto, spiccava su tutti per figura e portamento. Erano tutti «decentemente vestiti» con abiti smessi e logori, di diverse taglie più piccoli del dovuto. Mentre li guardavo non potei evitare di immaginarmeli dritti in piedi, nei loro luoghi natii, alteri e coperti di pitture, armati d’arco e frecce e abbigliati come un tempo, con i tradizionali goöchilh, oli e jamni (copricapi, mantelli e mocassini).
Alcuni mi conoscevano di vista e molti altri per sentito dire. Purtroppo i lavori si erano interrotti e, notando che i fratelli laici si stavano infastidendo per la pausa imprevista, dovetti ritirarmi. Più tardi, tuttavia, quando il turno fini potei scambiare qualche parola con Hektliohlli. Dopo essere fuggito da Ushuaia era stato nuovamente catturato, questa volta da alcuni coloni che lo avevano consegnato alla Missione salesiana. Non sembrava avere motivo di lamentarsi per come lo trattavano ma era terribilmente abbattuto dalla prigionia. Rivolgendo uno sguardo struggente ai monti lontani della sua terra natia disse: – Shouwe t-maten ya («La nostalgia mi sta uccidendo»). E fu proprio cosi, perché non sopravvisse a lungo. La libertà è un bene prezioso per l’uomo bianco: per gli indomiti abitanti delle foreste è una necessità assoluta.

E.L. Bridges, Ultimo confine del mondo, XXIX

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Cacciatori – raccoglitori

L’esistenza di queste società ci allarma. In parte è una preoccupazione che incontriamo quando scriviamo la nostra storia. La modifichiamo per elevarci nel creato che ci circonda, per isolarci dagli antenati cacciatori che ci mettono a disagio. Ci sembrano troppo simili ad animali predatori, insolenti e violenti. Le culture dei cacciatori sono troppo barbariche per noi. Condannandole, giudichiamo inevitabile il fatto che le loro consuetudini vengano eclissate.

Barry Lopez, Sogni artici, pag. 391.

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La vita in fretta

Tutto è ormai una corsa. Si vive senza più fare attenzione alla vita. Si dorme e non si fa caso a quel che si sogna. Si guarda solo la sveglia. Siamo interessati solo al tempo che passa, a farlo passare, rimandando al poi quel che si vorrebbe davvero. Sul « poi », non sull’« ora », si concentra l’attenzione. Nelle città in particolare la vita passa senza un solo momento di riflessione, senza un solo momento di quiete che bilanci la continua corsa al fare. Ormai nessuno ha più tempo per nulla. Neppure di meravigliarsi, di inorridirsi, di commuoversi, di innamorarsi, di stare con se stessi. Le scuse per non fermarsi a chiederci se questo correre ci fa più felici sono migliaia e, se non ci sono, siamo bravissimi a inventarle.

T. Terzani, Un altro giro di giostra, 161

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Hibakusha in Alaska

Penso con compassione agli eschimesi come hibakusha, la parola giapponese che significa “persone che risentono gli effetti dell’esplosione”, coloro che continuano a soffrire per gli effetti di Hiroshima e Nagasaki. Gli eschimesi sono intrappolati in una lunga, lenta detonazione. Tutto ciò che sanno di un buon modo di vivere si sta disintegrando. La voce sofisticata e ironica della civiltà afferma che le loro intuizioni sono banali: ma non lo sono.

Barry Lopez, Sogni artici, pag. 391.

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