Archivi tag: paesaggio

Tropici

Gli alberi crescevano in tutti i sensi, i fiori sbocciavano attravverso le cascate; non si sapeva più se il fiume serviva a irrigare quel prodigioso giardino o se invece sarebbe stato presto soverchiato dalla moltiplicazione delle piante e delle liane alle quali tutte le dimensioni dello spazio e non più soltanto la verticale sembravano diventate accessibili, dato l’annullamento di ogni distinzione abituale fra la terra e l’acqua. Non c’era più fiume, non c’erano più rive, ma un dedalo di aiuole lambite dalla corrente, mentre il terreno affiorava tra la schiuma. Questa amicizia fra gli elementi si estendeva anche fra gli esseri viventi; Le tribù indigene hanno bisogno di enormi estensioni per vivere.vivere. Ma qui, una sovrabbondanza di vita animale testimoniava che da decenni l’uomo era stato impotente a turbare l’ordine naturale. Gli alberi fremevano di scimmie quasi più che di foglie? Si sarebbe detto che frutti di 20 denunziassero fra i loro rami. Sulle rocce a fior d’acqua, bastava stendere la mano per sfiorare le piume lucide e nere dei grandi matum dal becco d’ambra o di corallo e i jacamin marezzati di blu come il Labrador. Questi uccelli non ci sfuggivano: gioielli viventi che erravano fra le liane grondanti e i torrenti fronzuti, contribuivano a ricostruire davanti ai miei occhi stupefatti certi quadri della bottega dei Brueghel in cui il paradiso, raffigurato come una tenera intimità fra le piante, le bestie e gli uomini, riconduce all’epoca in cui l’universo degli esseri non aveva ancora compiuto la sua scissione.

C. Lévi-Strauss, Tristi tropici, 279

Lascia un commento

Archiviato in Letteratura

Convivere col pericolo

Per chi non ha idea di come fosse la Terra del Fuoco a quell’epoca, è difficile immaginare il livello di tensione nervosa che anche in tempo di pace configurava lo stato mentale di un indiano, vissuto sin dall’infanzia nel ruolo di cacciatore e di preda. La loro inquietudine era tradita dall’attenzione con cui esaminavano qualsiasi traccia che assomigliasse a un’impronta umana; dalla cautela con cui restavano nell’oscurità del bosco ed evitavano di attraversare gli spazi aperti, dove le ombre lunghe proiettate dal sole basso potevano essere viste da molto lontano; dall’ansia con cui osservavano uno stormo di uccelli levarsi in volo o un guanaco correre apparentemente allarmato, e si interrogavano sulle possibili cause. Passavano ore e ore sdraiati immobili su qualche altura a scrutare intensamente immensi tratti di foresta e di orizzonti azzurri, in cerca della minima variazione di colore che segnalasse il sollevarsi di un filo di fumo da un accampamento nei boschi. E se veniva notato qualcosa del genere, seguivano serie discussioni sulla possibile identità degli accampati e sui motivi della loro presenza in quel luogo. Sembrava anche che con l’abitudine avessero sviluppato un sesto senso che li induceva ad accamparsi sempre in posti che offrissero buone possibilità di fuga o di difesa, nel caso di un attacco inatteso.

E. L. Bridges, Ultimo confine del mondo, 408

Lascia un commento

Archiviato in Letteratura

Sera

Mentre infiammandosi s’avvede ch’è nuda, il florido carnato nel mare fattosi verde bottiglia, non è più che madreperla.
Quel moto di vergogna delle cose svela per un momento, dando ragione dell’umana malinconia, il consumarsi senza fine di tutto.

G. Ungaretti, da Paesaggio

Lascia un commento

Archiviato in Poesia

Mattina

Ha una corona di freschi pensieri,
Splende nell’acqua fiorita.

G. Ungaretti, da Paesaggio

Lascia un commento

Archiviato in Poesia

Notte

Tutto si è esteso, si è attenuato, si è confuso.
Fischi di treni partiti.
Ecco appare, non essendoci più testimoni,
anche il mio vero viso, stanco e deluso.

G. Ungaretti, da Paesaggio

Lascia un commento

Archiviato in Poesia

La scomparsa dei miti

Il folletto Yohsi era di una pasta meno eterea. Somigliava a un uomo e in casa sua teneva donne e bambini. Era trasparente ma non invisibile e passando sulla neve più soffice poteva lasciare – ma non sempre – una qualche sorta di impronta. Spezzava e raccoglieva rami secchi e pezzi di legna da ardere a cui non sapeva dare fuoco. Il più delle volte appariva ai cacciatori solitari che passavano la notte accanto al falò. Quando il cacciatore dormiva, Yohsi arrivava per agitare le fiamme con il suo lungo dito medio. Quando i ciocchi ardenti si smorzavano, il cacciatore si destava di soprassalto, per trovarsi Yohsi seduto di fronte. Il folletto poteva volar via o svanire all’istante, ma anche restare li a lungo, seminando il terrore in chi gli sedeva dirimpetto. Circolavano storie di nomadi solitari trovati morti e orribilmente mutilati, evidentemente da Yohsi, nel posto che avevano scelto per passare la notte. Una volta mi trovavo in viaggio con due ona. Dopo essere scesi dai monti sul finire del giorno, ci eravamo accampati nella boscaglia vicino al livello superiore della vegetazione, quando un secco spezzarsi di rami nell’aria gelida avvisò i miei compagni della presenza di Yohsi. Erano evidentemente agitati e quando commisi la sciocchezza di farmi beffe della loro superstizione, uno dei due mi rimproverò dicendo che se fossi stato da solo e mi fossi trovato con Yohsi seduto davanti dall’altra parte del fuoco, non sarei stato cosi coraggioso. Per qualche ignota ragione il numero degli yohsi aveva subito un forte calo prima ancora dell’arrivo dell’uomo bianco, e ora si trovavano solo nelle zone piú squallide e inaccessibili del paese.

E. L. Bridges, Ultimo confine del mondo, XLII

Lascia un commento

Archiviato in Letteratura, Psicologia

La strega Heuhupen

Molte montagne delle terre ona, in particolare quelle isolate rispetto al massiccio principale, sono state in tempi remoti esseri umani e perciò vanno trattate con rispetto. Così voleva la leggenda ona. Segnarle a dito era considerato molto sconveniente. La sfrontatezza del gesto poteva indurle ad avvolgersi di nubi e scatenare il maltempo. Una di queste montagne era Heuhupen, l’altopiano che un tempo era stato una strega.

E. L. Bridges, Ultimo confine del mondo, XXX

Lascia un commento

Archiviato in Letteratura

Prima della civiltà

Gettando lo sguardo sulle interminabili file di colline boscose che si susseguivano lungo i sessantacinque chilometri di estensione del lago Kami, io e Talimeoat contemplammo per molto tempo e in silenzio un tramonto maestoso. Sapevo che il mio compagno stava frugando l’orizzonte alla ricerca di qualsiasi segnale di fumo da accampamenti amici o nemici. Dopo un po’ abbassò la guardia e, sdraiatosi accanto a me, parve dimenticare la mia presenza. Punto dal freddo della sera, stavo per proporgli di muoverci quando lo udii emettere un profondo sospiro e mormorare tra sé e sé, in quel modo sommesso con cui gli ona potevano pronunciare qualsiasi frase: – Yak haruin («La mia terra»).

E. L. Bridges, Ultimo confine del mondo, XXXV

Lascia un commento

Archiviato in Letteratura

Il viaggiatore riluttante

Il modo in cui siamo disposti verso la terra è più nebuloso, più difficile da definire. Il viaggiatore riluttante, che riflette su quanto sta accadendo in patria, non bada al paesaggio. E nessuno sta invece attento quanto un cacciatore indigeno affamato.

Barry Lopez, Sogni artici, pag. 269.

Lascia un commento

Archiviato in Filosofia, Letteratura

Terra

Qualunque sia la valutazione che finiamo per fare d’una distesa di terra, per quanto profonda e accurata, la troveremo tuttavia inadeguata. La terra conserva una sua identità, più profonda e più sottile di quella che possiamo pervenire a conoscere. Il nostro dovere nei suoi confronti diviene allora semplice: accostarci con una mentalità priva di calcolo, con un atteggiamento di riguardo. Cercare di percepire la portata e la varietà della sua espressione… il suo clima, i suoi colori, i suoi animali. Essere decisi fin dall’inizio a preservare in essa una parte di mistero come una sorta di saggezza che non deve essere posta in discussione e di cui si deve fare l’esperienza. E attendere vigili le sue aperture, attendere quel momento in cui qualcosa di sacro si rivela in ciò che vi è di terreno, e allora avrete la certezza che la terra sa della vostra presenza.

Barry Lopez, Sogni artici, pag. 230.

Lascia un commento

Archiviato in Filosofia, Letteratura, Psicologia