Gli alberi crescevano in tutti i sensi, i fiori sbocciavano attravverso le cascate; non si sapeva più se il fiume serviva a irrigare quel prodigioso giardino o se invece sarebbe stato presto soverchiato dalla moltiplicazione delle piante e delle liane alle quali tutte le dimensioni dello spazio e non più soltanto la verticale sembravano diventate accessibili, dato l’annullamento di ogni distinzione abituale fra la terra e l’acqua. Non c’era più fiume, non c’erano più rive, ma un dedalo di aiuole lambite dalla corrente, mentre il terreno affiorava tra la schiuma. Questa amicizia fra gli elementi si estendeva anche fra gli esseri viventi; Le tribù indigene hanno bisogno di enormi estensioni per vivere.vivere. Ma qui, una sovrabbondanza di vita animale testimoniava che da decenni l’uomo era stato impotente a turbare l’ordine naturale. Gli alberi fremevano di scimmie quasi più che di foglie? Si sarebbe detto che frutti di 20 denunziassero fra i loro rami. Sulle rocce a fior d’acqua, bastava stendere la mano per sfiorare le piume lucide e nere dei grandi matum dal becco d’ambra o di corallo e i jacamin marezzati di blu come il Labrador. Questi uccelli non ci sfuggivano: gioielli viventi che erravano fra le liane grondanti e i torrenti fronzuti, contribuivano a ricostruire davanti ai miei occhi stupefatti certi quadri della bottega dei Brueghel in cui il paradiso, raffigurato come una tenera intimità fra le piante, le bestie e gli uomini, riconduce all’epoca in cui l’universo degli esseri non aveva ancora compiuto la sua scissione.
C. Lévi-Strauss, Tristi tropici, 279