Archivi del mese: luglio 2014

Il paese delle lacrime

Non sapevo bene che cosa dirgli. Mi sentivo molto maldestro. Non sapevo come toccarlo, come raggiungerlo… Il paese delle lacrime è così misterioso.

A. De Saint-Exupéry, Il piccolo principe, VII

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Doc Hill

Andavo su e giù per le strade
qua e là, giorno e notte,
curando in tutte le ore della notte i malati poveri.
E sapete perché?
Mia moglie mi odiava, mio figlio andò in rovina;
e io mi volsi alla gente e riversai su questa il mio amore.
Fu dolce vedere la folla, nei prati, il giorno del mio funerale,
e udirla mormorare il suo amore e il suo dolore.
Ma, Dio mio, mi tremò l’anima — a stento
capace di reggersi davanti alla nuova vita
quando vidi Em Stanton dietro la quercia
della tomba,
che nascondeva se stessa e il suo dolore!

E. Lee-Masters, Antologia di Spoon River

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Chance

Ogni volta che tendiamo la mano verso qualcuno corriamo il rischio di prenderci una sberla. Ma c’è anche la possibilità — cinquanta e cinquanta, meglio di quello che potete sperare a Las Vegas — che qualcuno tenda la mano e vi tocchi con amore.

L. Buscaglia, vivere amare capirsi, 6

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Fine del dominio delle donne Ona

Ai tempi in cui l’intera foresta era sempre verde, prima che il parrocchetto Kerrhprrh ne tingesse le foglie con il rosso del suo petto, e prima che i giganti Kwonyipe e Chashkilchesh percorressero i boschi svettando con le loro teste sulle cime degli alberi, ai tempi quindi in cui Krren (il sole) e Kreeh (la luna) camminavano sulla terra come marito e moglie e molte delle grandi montagne addormentate erano esseri umani, nella terra degli ona soltanto le donne conoscevano la stregoneria. Avevano anche una loro Loggia, a cui nessun uomo osava avvicinarsi, e le ragazze alle soglie della pubertà, istruite nelle arti magiche, imparavano come attirare le malattie e persino la morte su chiunque non garbasse loro.
Gli uomini vivevano in un abietto stato di timore e sottomissione. È vero, avevano gli archi e le frecce con cui rifornivano di carne l’accampamento, ma a che servivano queste armi, dicevano, contro magia e malattia? La tirannia delle donne divenne sempre piú dura finché agli uomini venne un giorno in mente che una strega morta era meno pericolosa di una strega viva. Si accordarono in segreto per uccidere tutte le donne; ne seguì un enorme massacro, dal quale nessuna donna in forma umana trovò scampo.

E. L. Bridges, Ultimo confine del mondo, XLII

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Ogni amante porta con sé un progetto di claustrazione

Ogni amante porta con sé un progetto di claustrazione dell’amato. Ma questo progetto ha una peculiarità rispetto a tutti gli altri progetti di semplice soppressione possessiva della libertà. Quando c’è l’amore non Si ama l’amato come un prigioniero, ma per la forza e la libertà che la sua immagine e la sua presenza suscitano in noi. Quello che amiamo davvero dell’Altro è sempre la sua indipendenza, la sua alterità, il suo essere eteros. In questo senso la libertà dell’amato sembra non conoscere padroni. Eppure l’amante, nonostante tutto il suo amore per la libertà di chi ama, vorrebbe esserne anche il custode, l’unico detentore di quella libertà. Non dobbiamo scandalizzarci: il desiderio amoroso è trapassato da questa ambiguità interna che Sartre ha isolato, non a caso, come il paradosso più profondo dell’amore.

M. Recalcati, Non è più come prima, 3

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La benefattrice

Tu lodi il mio sacrificio, Spoon River,
perché allevai Irene e Mary,
orfane di mia sorella!
E biasimi Irene e Mary perché mi disprezzarono!
Ma non lodare il mio sacrificio, e non censurare il loro disprezzo;
io le allevai, ebbi cura di loro, è vero! —
ma avvelenai questi benefici
col costante rinfaccio della loro dipendenza.

E. Lee-Masters, Constance Hately

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Il corteggiamento del cinico

Ogni corteggiamento risulta meschino se visto dall’esterno o se ricordato, una reciproca manipolazione accettata, la pura e semplice esecuzione forzata di una incombenza e l’involucro sociale di ciò che non è altro che istinto.

Javier Marìas, Domani nella battaglia pensa a me, pag. 61

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Col buio negli occhi

Non sei felice? gli chiesi.
E vidi Lars abbassare di colpo lo sguardo e restare lì senza rispondere.
Perché sei così? chiesi
e vidi che Lars faceva spallucce lì in piedi, guardando per terra.
Sembri triste, dissi.
Si, si, disse.
Qualcosa in particolare? chiesi.
No, disse lui.
No, niente, davvero, disse lui.
Ma, dissi io
e vidi Lars guardarmi su con un gran buio dentro gli occhi, con il peso della montagna nera e del cielo nero nei suoi occhi, sì, così, pensai io, si, così vidi io Lars guardare su verso di me e poi vedo i suoi occhi inumidirsi e poi vedo Lars lì in piedi guardando per terra

J. Fosse, Melancholia, 303

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Quel tutto

Questa è una verità dell’amore: amiamo l’Altro non per qualcosa che possiede, ma per tutto il suo essere, per la sua particolarità più particolare, per il suo nome proprio, direbbe Lacan, dunque per ciò che ci sfugge, di cui non possiamo appropriarci. Amiamo l’Altro nella sua assoluta differenza, non per qualcosa ma “per tutto”. “Per tutto” vuole dire: per le sue dita, i suoi capelli, le sue labbra, il suo odore, le sue manie, il colore dei suoi capelli, il suo stile, la sua voce, le sue attitudini ecc. Non amiamo l’immagine ideale del nostro Io, ma ciò che costituisce la particolarità più propria dell’Altro, per ciò che la rende insostituibile, “inestimabile”, “invalutabile”, mai dunque per qualcosa, ma “per tutto”.

M. Recalcati, Non è più come prima, 2

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La favola di Nur

Le storie che Nur — « luce », questo era il suo nuovo nome in arabo — raccontava erano davvero di un altro mondo. Era da poco arrivata nel villaggio del marito, unica donna bianca che ci avesse mai messo piede, quando al mercato il venditore di ortaggi da cui aveva cominciato a servirsi un giorno le disse: « Stasera vengo a trovarti. Se vedi un coleottero d’argento non lo uccidere. Sono io». Quella sera Nur vide un insetto entrare dalla finestra, lo vide fare il giro della casa e rivolare via, ma pensò a una coincidenza. La settimana dopo però, al mercato, l’ortolano le fece una descrizione esatta delle sue varie stanze e l’avvertì: « Fai attenzione. in casa tua ci sono degli spiriti maligni ». L’uomo aveva ragione: presto il matrimonio di Nur cominciò a fare acqua e il bomoh, lo stregone locale, e la sua famiglia cominciarono a farle guerra cercando di costringerla a partire. Le galline di Nur, colpite dalla magia nera del bomoh, smisero di fare le uova, i fiori nel suo giardino appassivano appena fioriti, certi oggetti di casa improvvisamente scomparivano, mentre dei chiodi arrugginiti comparivano misteriosamente nei cassetti. Non volendo darsi per vinta, Nur, con l’aiuto segreto del verduraio-coleottero, si era messa a studiare la magia bianca, aveva imparato a rispondere, colpo su colpo, alle pratiche nere del bomoh, era rimasta nel villaggio anche dopo la partenza del marito ed era diventata, grazie ai poteri acquisiti, una guaritrice. Si era da poco trasferita a Giacarta, dove era già nota per curare vari tipi di malattie.

T. Terzani, Un altro giro di giostra, 89

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