Archivi del mese: giugno 2014

Terra

Qualunque sia la valutazione che finiamo per fare d’una distesa di terra, per quanto profonda e accurata, la troveremo tuttavia inadeguata. La terra conserva una sua identità, più profonda e più sottile di quella che possiamo pervenire a conoscere. Il nostro dovere nei suoi confronti diviene allora semplice: accostarci con una mentalità priva di calcolo, con un atteggiamento di riguardo. Cercare di percepire la portata e la varietà della sua espressione… il suo clima, i suoi colori, i suoi animali. Essere decisi fin dall’inizio a preservare in essa una parte di mistero come una sorta di saggezza che non deve essere posta in discussione e di cui si deve fare l’esperienza. E attendere vigili le sue aperture, attendere quel momento in cui qualcosa di sacro si rivela in ciò che vi è di terreno, e allora avrete la certezza che la terra sa della vostra presenza.

Barry Lopez, Sogni artici, pag. 230.

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Le vesti bianche e nere

M giro e guardo da un’altra parte. E vedo le vesti bianche e nere. E le vedo le vesti bianche e nere che cominciano a muoversi verso di me. Tornano ancora da me le vesti nere e bianche, le guardo le vesti nere e bianche. Le fisso. E mentre le guardo sento qualcuno vicino chiedermi cosa c’è. Cos’è che fissi così?, chiede. E io che vedo le vesti nere e bianche avvicinarmisi. Devo alzarmi. Devo andare. Helene! Mi puoi sentire?

J. Fosse, Melancholia, 53

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Noi salariati

Ad Harberton passarono gli anni. Nei primi tempi papà ci aveva detto che il nostro futuro dipendeva unicamente dai nostri sforzi, e che potevamo scegliere tra darci dentro, lavorare sodo ed essere indipendenti, o rassegnarci a vivere come salariati per il resto dei nostri giorni. Lui, per noi, fu uno splendido esempio perché, per quanto non potesse nascondere il suo pessimo stato di salute, non si risparmiò mai, sempre serbando il buonumore.

E. L. Bridges, Ultimo confine del mondo, XVI

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Storie

Con l’andare del tempo, i piccoli tasselli di conoscenza relativi ad una regione si accumulano tra i residenti locali sotto forma di storie. Queste vengono ricordate dalla comunità; ciò che è insolito non va perduto. Tali racconti esprimono per un indigeno una visione complessa e a lungo termine d’un particolare paesaggio. E le storie vengono corroborate quotidianamente, così come vengono elaborate dai membri della comunità che viaggiano tra quanto è veramente noto e quanto è soltanto immaginato o insospettato. Al di fuori della regione è difficile incontrare questa “realtà” complessa ma facilmente comunicata senza ridurla a generalità, ad astrazioni fuorvianti o imprecise.

Barry Lopez, Sogni artici, pag. 269.

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Una buona scusa

Quando sbagli chiedi scusa! Una buona scusa è formata da tre parti: “Mi dispiace”; “Era colpa mia”, “Cosa posso fare per rimediare”? La maggior parte della gente salta la terza parte; così è solo sincerità.

Randy Pausch, The last lecture.

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Nomadi e biblioteche

Il viaggio comincia in una biblioteca, o in una libreria.
Misteriosamente, prosegue lì, nella chiarezza delle ragioni prima sepolte nel corpo. Al principio del nomadismo, dunque, incontriamo la sedentarietà delle scaffalature e delle sale di lettura, se non addirittura quella del domicilio in cui si accumulano le opere, gli atlanti, i romanzi, le poesie, e tutti i libri che, da vicino o lontano, contribuiscono alla formulazione, alla realizzazione, alla concretizzazione della scelta di una destinazione.
Qualsiasi settore di una buona biblioteca può condurre a un buon luogo: il desiderio di vedere un animale stravagante, quello di cogliere una pianta quasi introvabile, il desiderio di intravedere una farfalla imprigionata, l’aspirare a una vena geologica in una cava, la volontà di camminare sotto un cielo abitato tempo prima da un poeta; tutto conduce a un punto del globo di cui portiamo invisibilmente il segno.
La carta istruisce le emozioni, stimola le sensazioni e libera la possibilità più vicina alle percezioni preparate. Il corpo è iniziato alle esperienze future nonostante le informazioni generalizzate. Ogni documentazione alimenta l’iconografia mentale di ognuno. La ricchezza di un viaggio necessita, a monte, della densità di una preparazione: come ci si predispone alle esperienze spirituali esortando l’anima ad aprirsi, ad accogliere una verità in grado di infondersi. La lettura agisce sottoforma di rito iniziatico, rivela una mistica pagana. L’accrescersi dal desiderio sfocia in seguito in un piacere raffinato, elegante e singolare. L’esistenza di un erotismo del viaggio presuppone il superamento di un bisogno naturale al fine di suscitare l’occasione di un’esultanza artificiale e culturale. Arrivare in un luogo di cui ignoriamo tutto condanna all’indigenza esistenziale. Nel viaggio, si scopre soltanto ciò di cui si è portatori. Il vuoto del viaggiatore crea la vacuità del viaggio, la sua ricchezza ne produce l’eccellenza.

Michael Onfray, Filosofia del viaggio, pag. 23.

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Tracce

E quanto poco rimane di ogni individuo nel tempo inutile come la neve scivolosa, di quanto poco rimane traccia, e di quel poco tanto si tace, e di quello che non si tace si ricorda dopo soltanto una parte minima, e per poco tempo: mentre viaggiamo verso il nostro sfumare lentamente per transitare soltanto alla schiena o al rovescio di quel tempo, dove non si può continuare a pensare se non si può continuare a prendere commiato: “Addio risate a addio oltraggi. Non vi vedrò più, né voi mi vedrete. E addio ardore, addio ricordi”.

Javier Marìas, Domani nella battaglia pensa a me, pag. 278

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Le vie del vento

Il fiore della mia vita avrebbe potuto sbocciare da ogni Iato
se un vento crudele non avesse intristito i miei petali
dal lato di me che potevate vedere nel villaggio.
Dalla polvere io innalzo una voce di protesta:
voi non vedeste mai il mio lato in fiore!
Voi che vivete, siete davvero degli sciocchi,
voi che non conoscete le vie del vento
né le forze invisibili
che governano i processi della vita.

E. Lee-Masters, Serepta Mason

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Io e Te

Un’altra cosa, a proposito dell’intimità: rende più grande il nostro mondo. Vorrei che avessimo qui una lavagna, perché mi piacerebbe mostrarvelo. Credo che sia una cosa splendida cui pensare. Qui c’è un «Io» e questo «Io» incontra «Te», e stiamo insieme perché siamo attratti l’uno dall’altro e abbiamo certe cose in comune e partecipiamo. Questa partecipazione diventa il nostro «Noi». Continuando a condividere, a partecipare. acquisiamo sempre più «Noi». «Tu» rimani sempre «Tu», e «lo» rimango sempre «Io». Non scompariamo mai, ma sviluppiamo il «Noi» insieme: esso è il nostro legame.

L. Buscaglia, vivere amare capirsi, 8

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Relatività

Tutto si contagia con grande facilità, di tutto possiamo essere convinti, la ragione ci può essere data sempre e tutto può essere raccontato se viene proposto accompagnandolo con la sua esaltazione o con la sua giustificazione o con la sua attenuante o con la sua pura rappresentazione, raccontare è una forma di generosità, tutto può accadere e tutto può essere enunciato ed essere accettato, da tutto si può uscire impuniti, o addirittura indenni. Nessuno fa nulla convinto della sua ingiustizia, almeno non nel momento di farlo, nemmeno raccontare, che strana missione o compito è questo, quello che succede non succede del tutto fino a quando non viene scoperto, fino a quando non si dice e non si sa, e intanto è possibile la trasformazione dei fatti in puro pensiero e in puro ricordo, in nulla. Ma in realtà chi racconta racconta sempre più tardi, il che consente di aggiungere se vuole, per prendere le distanze: “Ma ho girato le spalle al mio vecchio io, ormai non sono più quello che fui, non mi conosco e non mi riconosco. E non sono stato io a cercarlo, io non volevo”. E a sua volta quello che ascolta può ascoltare fino alla fine e anche così pronunciare quella che è sempre la migliore risposta: “Non so, non mi risulta, vedremo”.

Javier Marìas, Domani nella battaglia pensa a me, pag. 275

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