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Un’udienza dal Swami

Sentivo la pressione di quei suoi fedelissimi, delusi, e mi venne da chiedergli come faceva a essere sempre così paziente, cosi disponibile con tutti. Avevo osservato, dissi, come passava ore a riceverli, ad ascoltarli. Ognuno voleva la sua attenzione, il suo tempo. Il Swami rispose con una frase che fu determinante nel mio rapporto con lui: «Io non ho più bisogno di tempo», disse. «Ho già fatto tutto quel che volevo fare. Il tempo che mi resta è tempo pubblico. Anche tu ti stai avvicinando all’età in cui il tempo che hai puoi dedicarlo agli altri.» Dio mio, se mi sarebbe piaciuto! Ma ne ero così lontano… Lo sentii ancora dire: «Vedrai, sarà così anche per te. È una questione matematica. Quando avrai scoperto che tu sei la totalità, niente più ti potrà essere tolto». Lui poteva insegnarmi questo? Allora avevo davvero trovato «il mio maestro»!

T.Terzani, Un altro giro di giostra, 309

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Ammonimento

 «Ora asciugati gli occhi, direbbe, e smetti di piangere: tu non hai mai sfruttato le gioie che offriva la vita 
mancava sempre qualcosa, sprezzavi quello che avevi, 
e così l’esistenza è sempre rimasta in sospeso 
solo per non ricordare che avrebbe dovuto finire: 
ed ora non sai persuaderti che è giunto il momento. 
Devi lasciare i tuoi beni, a cui non hai più diritto, 
e ad altri il tuo posto nel mondo, è ora di andarsene». 
Ciò la Natura direbbe, con meritato rimprovero 
perché la legge comanda che i vecchi cedano il posto 
a qualcuno più giovane, e tutto va rinnovato.

Lucrezio, De rerum natura, III, 955

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La nuova vita di Carla

Addio strade, quartiere deserto percorso dalla pioggia come da un esercito, ville addormentate nei loro giardini umidi, lunghi viali alberati, e parchi in tumulto; addio quartiere alto e ricco: immobile al suo posto al fianco di Leo, Carla guardava con stupore la pioggia violenta lacrimare sul parabrise e in questi fiotti intermittenti colar disciolte sul vetro tutte le luci della città, girandole e fanali.

A. Moravia, Gli indifferenti, 151

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Nella luce di Epicuro

Tu scorgesti per primo in questo buio profondo 
quella traccia di luce che indicava la strada: 
voglio seguirti ancora, grande gloria dei Greci, 
procedendo nell’orma che il tuo piede ha lasciato. 
Io non posso emularti, ma l’amore mi spinge 
solamente a imitarti: come vuoi che un rondone 
si paragoni ad un cigno? E potrebbe un capretto 
dalle zampe tremanti atteggiarsi a destriero? 
Tu ci hai anche lasciato, con i tuoi insegnamenti, 
molti saggi precetti: ora io voglio volare 
sopra i tuoi scritti, Maestro, come fanno le api 
sui bei fiori dei prati, per estrarne una scienza 
che é preziosa per noi e che credo sia eterna. 
Da quando, per il tuo genio, noi potemmo scoprire 
la natura reale di ogni cosa che esiste 
il terrore è svanito, le mura sono crollate, 
noi possiamo scrutare questo immenso universo. 
Vediamo anche gli déi, nelle loro dimore 
che resistono al vento e le nubi non scuotono 
con i loro piovaschi, né la gelida neve 
le ricopre di bianco: un cielo sempre sereno 
le sovrasta e rallegra con un roseo chiarore. 
La natura provvede a tutto quello che occorre, 
niente riesce a turbare quella pace divina: 
lì non ci si tormenta per il nero Acheronte 
né la terra impedisce di guardare al di sotto 
ciò che vive e si compie nello spazio infinito. 
Tutto questo mi dona una gioia profonda 
e dolcemente io tremo quando, grazie al tuo genio, 
posso anch’io riconoscere la natura di tutto. 

Lucrezio, de rerum natura, III,1

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Vite in mare

C’è una così straordinaria vaghezza nelle aspettative che ci hanno portato in mare, un’indeterminatezza così esaltante, una così grande sete di avventure da vivere che in se stesse sono l’unico compenso! Quello che ne otteniamo in cambio— beh, non parliamone; è impossibile trattenere un sorriso. In nessun altro tipo di vita l’illusione è più lontana dalla realtà — in nessun altro l’inizio è tutta illusione — la delusione più rapida — la sottomissione più completa.

J.Conrad, Lord Jim, XI

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Sui nostri talenti

La nostra più grande paura non è nel sentirci inadeguati. La nostra più profonda paura è nel sentirci potenti oltre ogni limite. È la nostra luce, non la nostra oscurità, che ci spaventa. Ognuno di noi si chiede: “Chi sono io per essere brillante, affascinante, ricco di talenti, meraviglioso?”. In realtà, cosa sei tu per non esserlo? Siamo figli di Dio, il nostro schermirci non serve al mondo. Non c’è nulla di illuminante nello sminuire se stessi: facciamo semmai sentire gli altri insicuri al nostro fianco. Siamo nati per splendere e manifestare la gloria di Dio che è dentro di noi, non solo in alcuni di noi, è in ognuno di noi e quando permettiamo alla nostra luce di risplendere, inconsapevolmente regaliamo agli altri la possibilità di fare altrettanto. Quando ci liberiamo dalla nostra paura, la nostra presenza libera chi ci sta accanto. 

N. Mandela, da un discorso del 1994.

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Obiettivi

Il più grande pericolo non è quello di mirare in alto e non riuscire a raggiungere l’obiettivo, ma è quello di mirare in basso e di raggiungerlo.

Michelangelo

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I Greci di Pericle

Amiamo il bello ma con compostezza, ci dedichiamo al sapere ma senza debolezza, adoperiamo la ricchezza più per la possibilità di agire che offre, che per sciocco vanto di discorsi …

Pericle, da Epitafio

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Gocce di Vedanta

«Voi dite: ‘Questo appartamento è mio’. Ma se guardate bene, il suo pavimento è il soffitto di quello di sotto, la parete è anche le parete del vicino. Nulla è davvero vostro. Assolutamente nulla… tanto meno il vostro corpo. Tanti possono rivendicame la proprietà: vostra madre, vostro padre, il vostro coniuge in base al sacramento del matrimonio, lo Stato verso il quale il vostro corpo ha dei doveri di cittadino, la terra stessa, il fuoco che vi tiene alla giusta temperatura, l’acqua, le verdure che mangiate: tutti possono dire: ‘Questo corpo è mio’… Voi non possedete niente. Non è vostro neppure quello che credete di sapere. Vi è stato dato dai libri o da un insegnante. Eppure voi continuate a dire: ‘Questo è il mio corpo’. Il corpo vi pare così vostro che vi ci identificate. Dite ‘io’ e pensate al vostro corpo. Ma se l’io è colui che identifica il corpo, non può essere il corpo. Il soggetto che osserva l’oggetto-corpo non può essere il corpo.»

T. Terzani, Un altro giro di giostra, 305

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L’inverno della vita

Non più furori reca a me l’estate,
Né primavera i suoi presentimenti;
Puoi declinare, autunno,
Con le tue stolte glorie:
Per uno spoglio desiderio, inverno
Distende la stagione più clemente!…

G. Ungaretti, da Giorno per giorno

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