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A galla in un mare di condizionamenti

La nozione di relatività dei giudizi porta all’angoscia, è vero. È più semplice avere a nostra disposizione, quando si deve agire, una strategia già pronta, o le istruzioni per l’uso. Le nostre società che esaltano tanto spesso, almeno a parole, la responsabilità, si industriano di non lasciarne affatto all’individuo, per paura che agisca in modo non conforme alla struttura gerarchica di dominanza. E il bambino, per sfuggire all’angoscia, per rassicurarsi, cerca l’autorità delle regole imposte dai genitori. Da adulto farà lo stesso con l’autorità imposta dalla sociocultura in cui è inserito. Si aggrapperà ai giudizi di valore di un gruppo sociale, come un naufrago si aggrappa disperatamente alla ciambella di salvataggio.

H. Laborit, Elogio della fuga, 57

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Le leggi, i codici, i comandamenti… e poi i racconti.

Ben sapendo che tutto può essere sostenuto e che ogni convinzione contraria può essere contraddetta, la ragione ci può essere data sempre e tutto può essere raccontato se viene proposto accompagnandolo con la sua esaltazione o con la sua giustificazione o con la sua attenuante o con la sua pura rappresentazione, raccontare è una forma di generosità, tutto può accadere e tutto può essere enunciato e può essere accettato, da tutto si può uscire impuniti, o addirittura indenni, i codici e i comandamenti e le leggi non si sostengono e si possono trasformare di continuo in carta straccia, ci sarà sempre qualcuno che riuscirà a dire: “Non si applicano a me, o non nel mio caso, o non questa volta, magari la prossima, se ci sarà una prossima volta”.

Javier Marìas, Domani nella battaglia pensa a me, pag. 123

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