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L’inverno della vita

Non più furori reca a me l’estate,
Né primavera i suoi presentimenti;
Puoi declinare, autunno,
Con le tue stolte glorie:
Per uno spoglio desiderio, inverno
Distende la stagione più clemente!…

G. Ungaretti, da Giorno per giorno

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Le brevi scintille

Su Jim dirò ancora poche parole — e saranno le ultime. Dichiaro che egli raggiunse la grandezza; ma raccontare la cosa, o piuttosto ascoltarla, significherebbe diminuirla. Francamente, diffido non tanto delle mie parole, quanto della vostra mente. lo potrei essere eloquente se non temessi che voi, amici, avete ridotto alla fame la fantasia per nutrire il corpo. Non voglio essere scortese; è lecito essere privi di illusioni — è sicuro — è proficuo — ed è noioso. Eppure anche voi, ai vostri tempi, dovete aver provato l’intensità della vita, quella luce magica che nasce dall’urto di cose banali, stupenda come il bagliore delle scintille che scaturiscono sfregando due fredde pietre, e — ahimè — altrettanto breve!.

J. Conrad, Lord Jim, XXI

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Amare ammirare

Nell’amore è il desiderio dell’Altro che ci trascina, è il suo modo di toccare, di sentire, di guardare, di vivere il mondo che ci tocca e ci mette in movimento. L’amore è, in questo senso, quando c’è, ammirazione pura per il desiderio dell’Altro. Per questo amare significa lasciare che l’Altro viva sino in fondo — con la massima libertà — il proprio desiderio. Non c’è amore — se non patologico e narcisistico — disgiunto dalla stima. Ammirare l’Altro resta la condizione più propria dell’amore, irriducibile alle strategie immaginarie e proiettive dell’identificazione.

M. Recalcati, Non è più come prima, 121

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Invidia, ammirazione: ingredienti dell’amore

L’invidia della vita dell’Altro che spesso opprime i soggetti nevrotici — l’invidia come l’amore non ha come oggetto una qualità dell’Altro, ma è pura “invidia della vita”‘ dell’Altro —, viene sostituita dalla contemplazione ammirata di quella vita. Per questo, giustamente, Freud notava come molti pazienti oscillano spesso dai sentimenti di amore a quelli di odio e viceversa. L’invidia e l’ammirazione sono infatti due sentimenti molto prossimi. Ma mentre nell’invidia l’invidioso vive come un dolore l’esistenza libera e vitale dell’Altro, nell’ammirazione questa stessa esistenza procura soddisfazione e accresce il desiderio.

M. Recalcati, Non è più come prima, 121

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I tre grandi veleni della mente

Da questo punto di vista buddhista il male, tutti i mali, quelli psichici come quelli fisici. hanno un’unica radice: l’ignoranza. L’ignoranza dell’lo causa la sofferenza che affligge l’uomo dalla nascita alla morte; la stessa ignoranza causa «i tre grandi veleni della mente» — il desiderio, la rabbia e l’ottusità — che scatenano le malattie nel corpo. Solo una continua pratica di moralità e di meditazione può condurre alla libertà da ogni male.

T. Terzani, Un altro giro di giostra,221

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Il tradimento di se stessi

L’imperdonabile nella vita amorosa non sarebbe tanto il tradimento tenuto nascosto, ma il tradimento del proprio desiderio, il venire meno del soggetto alla sua Legge. La verità più profonda che la psicoanalisi ci insegna è, infatti, che non c’è tradimento se non del proprio desiderio. Per questa ragione, quando un amante persiste nell’inganno di se stesso, quando si allontana irreversibilmente dal proprio desiderio l’amore, fatalmente, non lo segue più.

M. Recalcati, Non è più come prima, 89

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Dice Gesù all’adultera, vai e…

“Non peccare più” è ricordare alla donna la verità del suo desiderio, l’importanza del riconoscimento che la Legge che più conta, che conta di più della Legge ritorsiva del taglione, è la Legge del proprio desiderio, la Legge dell’amore. Decidi, scegli, assumi la tua vita, non lasciarti intrappolare da una soluzione facile, non rinunciare alla tua libertà, non confonderla col capriccio, non vivere più nell’ombra e nello spergiuro! Invece di condannare Gesù invita alla responsabilità di fronte al proprio desiderio. Invita a considerare l’esistenza di un’altra Legge oltre a quella universale invocata dai lapidatori. Questa altra Legge Lacan la nomina come la Legge singolare del desiderio. Non si tratta più di opporre formalmente la Legge al desiderio ma di supporre che nel desiderio abiti una Legge o, se si preferisce, che il desiderio medesimo sia l’unica forma effettiva della Legge.

M. Recalcati, Non è più come prima, 87

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