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Preghiera

Cristo, pensoso palpito,
Astro incarnato nell’umane tenebre,
Fratello che t’immoli
Perennemente per riedificare
Umanamente l’uomo,
Santo, Santo che soffri,
Maestro e fratello e Dio che ci sai deboli,
Santo, Santo che soffri
Per liberare dalla morte i morti
E sorreggere noi infelici vivi,
D’un pianto solo mio non piango più,
Ecco, Ti chiamo, Santo,
Santo, Santo che soffri.

G. Ungaretti, da Roma occupata

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Sancho Panza perde il ciuco

Ginesio, che non era né riconoscente né galantuomo, pensò bene di rubare l’asino a Sancio Panza. Di Ronzinante non se ne curò, perché gli parve una cattura poco buona, tanto per impegnarlo come per venderlo. Mentre dunque Sancio Panza dormiva, gli rubò il somaro, e prima che facesse giorno, era tanto lontano, che vallo a pescare! Spuntò l’aurora con grande allegria della terra e gran tristezza di Sancio Panza; il quale, non trovando più il suo ciuco, si mise a piangere il più triste e doloroso pianto di questo mondo, tanto che Don Chisciotte si destò e sentì che il suo scudiero diceva fra i singhiozzi:
— O figliuolo delle mie viscere, nato nella mia stessa casa, trastullo de’ miei ragazzi, delizia della mia donna, invidia dei miei vicini, sollievo delle mie afflizioni; o tu che mi mantenevi per metà, perché con ventisei maravedís che mi guadagnavi al giorno, mi facevi metà delle spese!

Cervantes, Don Chisciotte, XXIII

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Terra e radici

E’ tuttora evidente anche l’inclusione della terra nelle storie tradizionali, prova di una stretta associazione con la terra stessa e dell’esistenza di una strana, ipnotica conformità del comportamento umano per reazione alle sottigliezze del paesaggio. Molti non hanno abbandonato la terra e la terra non li ha abbandonati. È difficile, venendo dalle lontane città del sud, percepire e soprattutto sviscerare la ricchezza di questa associazione, o giudicarne il valore. Ma questa affinità arcaica con la terra, credo, è un antidoto per la solitudine che nella nostra cultura noi associamo con lo straniamento individuale e la disperazione.

Barry Lopez, Sogni artici, pag. 263.

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A che servono i versi

a che servono i versi se non per la rugiada?

A che servono i versi se non per quella notte
in cui un pugnale amaro ci fruga, per quel giorno,
per quel crepuscolo, per quell’angolo rotto
dove il cuore colpito dell’uomo si dispone a morire?

P. Neruda, da Ode a Federico Garcìa Lorca

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