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L’angelo del povero

Ora che invade le oscurate menti
Più aspra pietà del sangue e della terra,
Ora che ci misura ad ogni palpito
Il silenzio di tante ingiuste morti,
Ora si svegli l’angelo del povero,
Gentilezza superstite dell’anima…
Col gesto inestinguibile dei secoli
Discenda a capo del suo vecchio popolo,
In mezzo alle ombre…

G. Ungaretti, L’angelo del povero

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Preghiera

Cristo, pensoso palpito,
Astro incarnato nell’umane tenebre,
Fratello che t’immoli
Perennemente per riedificare
Umanamente l’uomo,
Santo, Santo che soffri,
Maestro e fratello e Dio che ci sai deboli,
Santo, Santo che soffri
Per liberare dalla morte i morti
E sorreggere noi infelici vivi,
D’un pianto solo mio non piango più,
Ecco, Ti chiamo, Santo,
Santo, Santo che soffri.

G. Ungaretti, da Roma occupata

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Il monaco e il moribondo

«Lascia andare, o nobile nato », dice il lama. « La primordiale luce ti sta venendo incontro, diventa uno con quella. Vai. Vai per la tua strada, o nobile nato, non resistere. » Queste sono le parole che il lama continua a sussurrare nell’orecchio del morente.

T. Terzani, Un altro giro di giostra, 287

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Inquietudine

Dio, guarda la nostra debolezza.
Vorremmo una certezza. 
Di noi nemmeno più ridi? 
E compiangici dunque, crudeltà.
Non ne posso più di stare murato
Nel desiderio senza amore. 
Una traccia mostraci di giustizia. 
La tua legge qual è? 
Fulmina le mie povere emozioni,
Liberami dall’inquietudine. 

Sono stanco di urlare senza voce. 

G. Ungaretti, da La pietà

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Integrità profonda

Perché un rapporto con il paesaggio sia duraturo, dev’essere reciproco. Al livello in cui la terra ci fornisce il cibo non è difficile da comprendere e la reciprocità viene spesso ricordata nella preghiera di ringraziamento prima dei pasti. Al livello in cui il paesaggio ci appare bello o spaventoso e ci colpisce, oppure al livello in cui ci fornisce le metafore i simboli per indagare nel mistero, è più difficile definire la reciprocità. Se ci si avvicina alla terra con un atteggiamento d’obbligo, disposti a rispettare cortesie difficili da esprimere e che possono essere anche un semplice gesto delle mani, si stabilisce una considerazione dalla quale può emergere la dignità.
Da questo rapporto dignitoso con la terra è possibile immaginare un’estensione di rapporti dignitosi in tutta la propria vita. Ogni rapporto viene formato con la stessa integrità, che inizialmente spinge la mente a dire: le cose nella terra si armonizzano in modo perfetto, anche se cambiano sempre. Io desidero che l’ordine della mia vita sia organizzato nello stesso modo in cui trovo la luce, il movimento leggero del vento, la voce di un’uccello, la forma d’un baccello che vedo davanti a me. Voglio in me stesso questa impeccabile, incontestabile integrità.
Uno dei più antichi drammi dell’umanità consiste nel trovare una dignità che possa includere tutte le cose viventi. E una delle più grandi aspirazioni umane dev’essere portare pari dignità nei sogni, affinché ognuno trovi in qualche modo esemplare la propria vita. Un modo per riuscirvi consiste nel prestare attenzione a ciò che avviene in una terra intoccata dai piani umani, dove prevale un ordine originale.
La dignità che cerchiamo trascende quella espressa dai filosofi illuministi. È necessario un Illuminismo più radicale, in cui la dignità sia intesa come una qualità innata, e non come qualcosa concesso da qualcuno che sta al di fuori. E questa dignità comune deve includere la terra e le sue piante e le sue creature. Altrimenti è soltanto un’invenzione e non già, come deve essere, una percezione della natura della materia vivente.

Barry Lopez, Sogni artici, pag. 387.

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Preghiera II

Sono legato agli uomini e alle cose;
eppure sai che solo Te desidero.
Tu sei testimone della mia coscienza,
o Signore, Tu mi conosci meglio di me,
in tutti i dolori, le gioie, gli errori,
Tu sai che solo Te desidero.

Non ho potuto lasciare il mio orgoglio;
l’egoismo mi fa morire:
se potessi liberarmene sarei salvo.
Tu sai che solo Te desidero.

Quando Tu con le tue mani
prenderai ciò che è mio,
lasciando tutto, tutto ritrovo in Te.
Tu sai che solo Te desidero.

R. Tagore, da Gitanjali

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Preghiera

Io voglio Te,
voglio soltanto Te:
questa volontà si fissi
per sempre nel mio cuore.
Tutti gli altri desideri,
che il cuore rincorre notte e giorno,
sono tutti menzogna, o Signore;
io voglio Te.

Come la notte custodisce
la preghiera della luce,
così, tra profonde illusioni,
io voglio Te.
Nella sua furia
anche la tempesta vuole pace;
così anch’io, pur nella colpa,
voglio Te.

R. Tagore, da Gitanjali

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Io vi ho abbracciati

Tu là, impotente dalle ginocchia lasche,
Apri quelle ganasce avvolte in sciarpe perché io t’insuffli coraggio,
Allarga le palme, solleva i risvolti delle tasche,
Nessuno può ricusarmi, io forzo, ho provviste in abbondanza e di riserva,
E tutto quello che ho lo regalo.

Non ti chiedo chi sei, non è importante per me,
Non puoi far niente, né essere altro che ciò che avvolgo in te.

Su chi sfacchina nei campi di cotone, su chi pulisce le latrine io mi curvo, E sulla loro guancia destra depongo un bacio familiare,
E giuro per l’anima mia che mai li rinnegherò.

In donne atte a concepire do vita a figli più forti e più svegli,
(Oggi faccio scaturire la materia per più tracotanti repubbliche).

Verso chi sta morendo mi affretto e giro il pomo della porta,
Rovescio le coperte verso i piedi del letto
E mando a casa medico e prete.

Afferro l’uomo avvilito e lo sollevo con volontà irresistibile,
O disperato, ecco il mio collo,
Perdio, non cadrai! appenditi a me con tutto il tuo peso.

Io ti dilato con un titanico soffio, ti faccio stare a galla,
Ogni stanza della casa la riempio con una forza armata,
E chi mi ama può eludere la tomba.

Dormite: loro e io faremo guardia tutta la notte,
Nessun dubbio, nessun malanno oserà mettere un dito su di voi,
Io vi ho abbracciati, e d’ora in poi io vi possiedo in me,
E quando vi alzerete al mattino vi accorgerete che quello che dico è così.

W. Whitman, Canto di me stesso, 40

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