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Sui nostri talenti

La nostra più grande paura non è nel sentirci inadeguati. La nostra più profonda paura è nel sentirci potenti oltre ogni limite. È la nostra luce, non la nostra oscurità, che ci spaventa. Ognuno di noi si chiede: “Chi sono io per essere brillante, affascinante, ricco di talenti, meraviglioso?”. In realtà, cosa sei tu per non esserlo? Siamo figli di Dio, il nostro schermirci non serve al mondo. Non c’è nulla di illuminante nello sminuire se stessi: facciamo semmai sentire gli altri insicuri al nostro fianco. Siamo nati per splendere e manifestare la gloria di Dio che è dentro di noi, non solo in alcuni di noi, è in ognuno di noi e quando permettiamo alla nostra luce di risplendere, inconsapevolmente regaliamo agli altri la possibilità di fare altrettanto. Quando ci liberiamo dalla nostra paura, la nostra presenza libera chi ci sta accanto. 

N. Mandela, da un discorso del 1994.

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Ricercare

Nulla è possibile, dunque tutto è possibile. La notte in cui brancoliamo è troppo oscura perché si possa affermare qualcosa in proposito: neanche che sia destinata a durare.

C. Lévi-Strauss, Tristi tropici, 214

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L’ultima parola

Inoltre, non è detta l’ultima parola — e probabilmente non lo sarà mai. La nostra vita non è troppo breve per pronunciare quel discorso finale che attraverso tentativi e balbettii rimane naturalmente il nostro unico e costante obiettivo? Ho rinunciato a queste ultime parole, il cui suono, se potessero essere dette, scuoterebbe il cielo e la terra. Non c’è mai tempo per dire la nostra ultima parola — l’ultima parola di amore, di desiderio, di fede, di rimorso, di sottomissione, di rivolta, Cielo e terra non devono essere sconvolti — suppongo — almeno non da noi, che conosciamo tante verità sull’uno e sull’altra.

J. Conrad, Lord Jim, XXI

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Il prete di Vidme

E lui. Vidme, è una persona incredibilmente sola e vorrebbe parlare con un prete colto, erudito, uno che ha fatto ciò che a Vidme risulta impossibile, avere un lavoro all’interno della Chiesa Norvegese, un prete che ha vissuto nella società insieme agli altri, che si è proposto quale missione nella vita quella di marcare i passaggi importanti nella vita della gente, da bambino a adulto, da vecchio a morto, un uomo che, lì seduto con il suo bicchiere in mano, per lo meno così, guarda con grande indulgenza tutti quegli strani personaggi e lui, quel prete, utilizza con cautela la parola cristiano, è un termine così abusato che il prete stesso stenta a chiamarsi cristiano, preferisce evitare di parlare troppo di Dio, è un uomo così, un uomo umile, un uomo che non ha mai scritto né libri né articoli, è un uomo così che lo scrittore Vidme vorrebbe tanto conoscere. Lui, Vidme, non vuole conoscere un prete con una bella moglie, uno che suona la chitarra e canta canzoni, un prete con bimbi belli e obbedienti. Un prete così Vidme non lo vuole affatto incontrare. Vidme vuole incontrare un prete che, se proprio deve avere una moglie, che preferirebbe non avere, è sposato con una moglie che non è bella e gentile. Vidme vuole incontrare un prete sposato con una donna dalla quale l’ansia non stia molto lontana, una donna che sa che l’amore sta tra uccidere l’altro e preoccuparsi per l’altro, una donna che capisce quasi tutto e che possiede dignità e non una gentilezza sorridente, lui s’immagina che il prete che ha pensato per sé sia sposato con una donna che anzitutto somigli a lui in quanto al fatto che, come lui, nasconde una vergogna con umile dignità, senza saccenteria né virtuosismi. È un prete sposato con una donna di questo tipo, se proprio deve essere sposato, quello a cui Vidme cerca di telefonare in questo giorno.

J. Fosse, Melancholia, 267

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L’anima-ragno

Le abitudini della famiglia, il linguaggio, le compagnie, il mobilio, il cuore gonfio di tenerezza,
L’affetto che non si può rifiutare, il senso di ciò che è reale e il pensiero se dopo tutto si mostrasse irreale,
I dubbi del giorno e i dubbi della notte, l’incuriosito se e come,
Se ciò che appare è realmente in quel modo, o è solo polvere e bagliori,
Uomini e donne che affollano le strade che cosa sono se non polvere e bagliori?

W. Whitman, Un silenzioso e paziente ragno

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Speranza

La cosa meravigliosa è che non è possibile perdere mai veramente se stessi. Solo temporaneamente. Se volete trovare voi stessi, ci siete ancora! Non avete perso nulla di ciò che avete avuto. E se qualche volta sentite dentro di voi un vuoto immenso, qualcosa che vi rode, qualcosa che urla per prorompere, è quell’unicità meravigliosa che dice: «Ci sono ancora! Ci sono ancora! Qui dentro! Cercami! Sviluppami! Condividimi!» E allora comincerete a scoprire un po’ di ciò che è essenziale.

L. Biscaglia, Vivere, amare, capirsi, cap. 3

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Domande

Mi poni domande, e io ti ascolto,
E ti rispondo che non posso rispondere, devi cercare da te.

W. Whitman, da Canto di me stesso, 46

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