E lui. Vidme, è una persona incredibilmente sola e vorrebbe parlare con un prete colto, erudito, uno che ha fatto ciò che a Vidme risulta impossibile, avere un lavoro all’interno della Chiesa Norvegese, un prete che ha vissuto nella società insieme agli altri, che si è proposto quale missione nella vita quella di marcare i passaggi importanti nella vita della gente, da bambino a adulto, da vecchio a morto, un uomo che, lì seduto con il suo bicchiere in mano, per lo meno così, guarda con grande indulgenza tutti quegli strani personaggi e lui, quel prete, utilizza con cautela la parola cristiano, è un termine così abusato che il prete stesso stenta a chiamarsi cristiano, preferisce evitare di parlare troppo di Dio, è un uomo così, un uomo umile, un uomo che non ha mai scritto né libri né articoli, è un uomo così che lo scrittore Vidme vorrebbe tanto conoscere. Lui, Vidme, non vuole conoscere un prete con una bella moglie, uno che suona la chitarra e canta canzoni, un prete con bimbi belli e obbedienti. Un prete così Vidme non lo vuole affatto incontrare. Vidme vuole incontrare un prete che, se proprio deve avere una moglie, che preferirebbe non avere, è sposato con una moglie che non è bella e gentile. Vidme vuole incontrare un prete sposato con una donna dalla quale l’ansia non stia molto lontana, una donna che sa che l’amore sta tra uccidere l’altro e preoccuparsi per l’altro, una donna che capisce quasi tutto e che possiede dignità e non una gentilezza sorridente, lui s’immagina che il prete che ha pensato per sé sia sposato con una donna che anzitutto somigli a lui in quanto al fatto che, come lui, nasconde una vergogna con umile dignità, senza saccenteria né virtuosismi. È un prete sposato con una donna di questo tipo, se proprio deve essere sposato, quello a cui Vidme cerca di telefonare in questo giorno.
J. Fosse, Melancholia, 267