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L’ultima parola

Inoltre, non è detta l’ultima parola — e probabilmente non lo sarà mai. La nostra vita non è troppo breve per pronunciare quel discorso finale che attraverso tentativi e balbettii rimane naturalmente il nostro unico e costante obiettivo? Ho rinunciato a queste ultime parole, il cui suono, se potessero essere dette, scuoterebbe il cielo e la terra. Non c’è mai tempo per dire la nostra ultima parola — l’ultima parola di amore, di desiderio, di fede, di rimorso, di sottomissione, di rivolta, Cielo e terra non devono essere sconvolti — suppongo — almeno non da noi, che conosciamo tante verità sull’uno e sull’altra.

J. Conrad, Lord Jim, XXI

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Cosa resta degli eroi

Nessuno sa quello che gli sciagurati selvaggi hanno poi fatto della salma di Magellano, a quale elemento hanno restituito la sua spoglia mortale, se al fuoco, all’acqua, alla terra o all’etere. Nessuna testimonianza ce n’è rimasta, non conosciamo la sua tomba, è misteriosamente perduta ogni traccia di colui che per primo ha circumnavigato il mondo strappando all’infinito oceano il suo estremo segreto.

S. Zweig, Magellano, XI

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Il senso della vita

In ogni amore è in gioco, dunque, una trasformazione fondamentale della contingenza dell’evento dell’incontro in un destino necessario. È quello che per Sartre fonda la vera gioia dell’amore. Essa consiste nel fatto che, per via dell’amore dell’Altro, io vengo salvato dalla mia fatticità, che, in altri termini, io non esisto più per caso, privo di senso, non sono più “di troppo” nel mondo, la mia esistenza non è qui per niente, ma è diventata il “senso” della vita dell’Altro, ciò che dà significato a quella vita e che da quella vita attinge reciprocamente il suo significato. È questa la gioia dell’amore quando c’è. La mia esistenza, che non è mai il fondamento di se stessa, una volta amata si trova a esistere perché è voluta dall’Altro nei suoi minimi particolari, per “tutto”. È “chiamata”, è “attesa”. La domanda d’amore si qualifica quindi come una domanda di senso; io voglio essere salvato dal peso insopportabile della mia fatticità, dal non-senso che accompagna la mia venuta al mondo. L’Altro che mi ama mi sottrae all’abbandono assoluto attribuendomi un senso nuovo e, in questo modo, attribuisce anche un senso nuovo al mondo. Il mondo chiuso dell’Uno si apre al mondo nuovo del Due. Mentre all’inizio della vita in primo piano era il caos informe del grido, l’assenza di senso, la pura fatticità dell’esistenza, ora, grazie all’amore dell’Altro, la mia vita riceve un senso, si sente voluta, desiderata, giustificata a esistere.

M. Recalcati, Non è più come prima, 2

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Il cielo, il vento, il senso

Ora, lui, Vidme, per parecchi anni è andato per il mondo convinto che è blasfemo parlare del divino e di Dio. Espressioni di questo tipo non le usa lui. O comunque se uno usa espressioni come il divino o Dio, allora non deve voler dire niente di più. E una volta formulato questo pensiero, Vidme si è immaginato tutte quelle persone confuse che hanno cercato un senso alla propria vita dicendo che è il volere di Dio e che succederà questo e quello, perché il buio è stato pesante, il vento forte, l’amore è stato, come sempre, a metà tra uccidere l’altro e preoccuparsi per l’altro, il mare è stato troppo duro, i parti ancora più duri e sopra tutto quanto c’era un enorme cielo. Il mare blu e il cielo blu. Il buio fitto e il vento sibilante. E poi una chiesa, una casa di preghiera sulle montagne. Un cimitero sotto la pioggia nell’oscurità. E ci deve pur essere un senso in tutto questo.

J. Fosse, Melancholia, 266

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Un grande arazzo

Sarà una scoperta meravigliosa, il giorno che vi renderete conto di essere unici al mondo. Non vi è nulla che sia accidentale. Ognuno di voi è una combinazione speciale con uno scopo… e non permettete che vi dicano che non è vero, e che quello scopo è un’illusione. (Se è necessario, vivete l’illusione!) Voi siete quella certa combinazione perché possiate fare ciò che è essenziale che facciate. Non dovete mai credere di non avere un contributo da dare. Il mondo è un incredibile arazzo incompiuto, e soltanto voi potete riempire quel piccolo spazio che vi spetta.

L. Buscaglia, Vivere amare capirsi, cap. 5

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La vita

La vita – è il solo modo
Per coprirsi di foglie,
Prendere fiato sulla sabbia,
Sollevarsi sulle ali;

Essere un cane,
O carezzarlo sul suo pelo caldo;

Distinguere il dolore
Da tutto ciò che dolore non è;

Stare dentro gli eventi,
Dileguarsi nelle vedute,
Cercare il più piccolo errore.

Un’occasione eccezionale
Per ricordare per un attimo
Di che si è parlato
A luce spenta;

E almeno per una volta 
Inciampare in una pietra,
Bagnarsi in qualche pioggia,
Perdere le chiavi tra l’erba;
E seguire con gli occhi una scintilla nel vento;

E persistere nel non sapere
Qualcosa di importante.

Wisława Szymborska

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Piccole cose.

“Vedi, alcuni anni fa ero veramente, veramente giù, e ho pensato sul serio… bè dai, quello che immagini possa pensare Fiona. E mi sono davvero sentita in colpa, per Ali perchè sapevo che non dovevo sentirmi così, ma così era, e… sempre, sai; oggi invece no. Forse domani, ma oggi no. Dopo alcune settimane ho però capito che non l’avrei mai fatto, e il motivo per cui non lo avrei mai fatto era che non volevo perdermi qualcosa. Non che la vita fosse splendida ma che per me fosse impossibile prendervi parte. E’ solo che c’erano sempre una o due cose che sembravano incompiute, cose che volevo portare a termine. Se avevo appena finito un libro, volevo vederlo uscire. Se stavo uscendo con qualcuno, volevo uscirci ancora una volta. Se c’era ricevimento, volevo parlare con gli insegnanti di Ali. Piccole cose, ma c’era sempre qualcosa. E alla fine mi sono resa conto che ci sarebbe sempre stato qualcosa, e che quei qualcosa sarebbero sempre bastati.” Alzò lo sguardo dai resti del suo biscotto e rise, imbarazzata. “Questo è quello che penso, comunque.”
Era davvero tutto qui? probabilmente no, pensava Will. Probabilmente c’era una serie di altre cose, come il fatto che quando eri depresso tutto ti stufava, tutto, indipendentemente da quanto ti piacesse; e la solitudine, e il panico, e il disorientamento puro. Ma l’atteggiamento positivo di Rachel verso la vita, nella sua semplicità, era un buon inizio.

N. Hornby, Un ragazzo, Tea pag 218

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